Tutte le imprese che hanno partecipato alla Ricerca ottengono un assessment gratuito e riservato, un’innovativa opportunità di verificare autonomamente il proprio livello di welfare e confrontarsi con la media di settore.
La valutazione, vera e propria carta d’identità del welfare aziendale, evidenzia:
▸ Il punteggio nell’indice (riferito alla media e al top di settore);
▸ La posizione nelle aree del welfare aziendale (riferito alla media e al top di settore);
▸ Le iniziative attivate per area di welfare (riferite alla presenza media nel settore).
“Spesso ci chiamano per intervistarci perché vedono che nel nostro comune c’è una percentuale di stranieri molto superiore alla media nazionale: si tratta dei nostri dipendenti che abitano qui.”
Paolo Fiocchi, responsabile risorse umane
➟ Obiettivo delle iniziative: tenere le persone il più possibile vicine all’azienda, in un momento in cui la manodopera è difficile da reperire.
“Far sentire al lavoratore che può contare su una grande famiglia alle spalle” è nel dna dell’azienda agricola Conte Vistarino. Un elemento molto distintivo di welfare è la concessione gratuita della casa ai propri dipendenti, molti dei quali immigrati o anche italiani, ma lontani dalla propria casa.
Oggi i dipendenti sono 35 e fra poco arriveranno a 40, così l’azienda è al momento impegnata nella ristrutturazione di un altro immobile per una famiglia di 7 persone. Non solo l’azienda fornisce l’alloggio ai dipendenti che ne facciano richiesta, ma lascia la concessione anche dopo la fine della carriera lavorativa. Per i dipendenti che invece vengono da fuori e non abitano vicino all’azienda, è riconosciuto un bonus annuale per la copertura delle spese di trasporto.
L’azienda ha inoltre sottoscritto una convenzione con il Comune di Rocca de’Giorgimettendo a disposizione un pulmino per portare i bambini all’asilo e gli studenti a scuola. Questo perché il comune è molto piccolo ed è per loro necessario andare in un paese vicino, in questo modo le famiglie possono rimanere serene sapendo i loro figli in mani sicure.
In questo periodo l’azienda sta anche costruendo una zona dedicata al relax, dove i dipendenti possono mangiare, riposare e, se non stanno bene, essere assistiti da un medico.
Ciò che realmente contraddistingue l’azienda è la fortissima relazione con il proprio territorio: di fatto l’azienda, il comune e la comunità che lo abita sono la stessa cosa (i residenti nel territorio del comune sono infatti solo un’ottantina) e l’azienda dedica grande attenzione a politiche di sostegno e inclusione sociale. Infine l’attenzione alla sicurezza dei propri collaboratori, anche grazie ai corsi di formazione erogati a livello di associazione imprenditoriale.
Le PMI affrontano il welfare aziendale principalmente con lo scopo di migliorare la soddisfazione dei lavoratori e il clima interno. Le aziende che coinvolgono i lavoratori nell’ascolto dei bisogni e nell’attuazione delle iniziative sono anche le più attive nel promuovere iniziative di welfare, non limitandosi ad applicare le disposizioni dei contratti collettivi nazionali.
Le PMI si basano sul rapporto diretto con i lavoratori: la cura del rapporto con le persone è un interesse primario dell’imprenditore e dei responsabili dell’azienda. L’obiettivo principale che induce le imprese ad attuare iniziative di welfare aziendale è migliorare la soddisfazione dei lavoratori e il clima interno.
Nella maggior parte dei settori produttivi e in tutte le classi dimensionali questo obiettivo è considerato prioritario da più del 50% delle imprese. Possiamo raggruppare gli item indicati nella figura 31. Il 66% delle imprese sono focalizzate su obiettivi di gestione del personale: migliorare la soddisfazione e il clima (50,7%) e fidelizzare i lavoratori (16%). Gli obiettivi di carattere economico-gestionale sono considerati prioritari per le politiche di welfare aziendale dal 20% delle imprese: incentivare la produttività del lavoro (16,6%) e contenere il costo del lavoro grazie ai vantaggi fiscali (3,6%).
Solo le imprese dell’industria danno importanza molto maggiore (28,8%) all’obiettivo di incrementare la produttività. Le interviste ci hanno permesso di comprendere meglio il significato della apparente sottovalutazione di questo obiettivo. In realtà gli imprenditori ritengono che il welfare aziendale abbia un impatto non immediato sulla produttività aziendale e si attendono risultati nel lungo termine più che nel breve.
Gli incentivi fiscali non sono considerati lo scopo per cui attivare le iniziative di welfare, ma sono certamente decisivi per renderle fattibili. Gli obiettivi di comunicazione legati alla responsabilità dell’impresa sono considerati in una posizione secondaria: migliorare l’immagine e la reputazione aziendale (9,2%).
Le politiche aziendali di welfare hanno diversi livelli di maturità. In molte realtà le iniziative nascono da una lunga storia aziendale: nel 41% dei casi da più di dieci anni. Il 17% delle imprese hanno invece intrapreso iniziative solo di recente, negli ultimi tre anni. La disponibilità a sostenere un costo per le politiche di welfare è un fattore discriminante tra le imprese ad alto e quelle a basso livello di iniziativa. Complessivamente il 39% delle PMI sostengono per il welfare costi aggiuntivi. Tra queste dobbiamo distinguere un gruppo molto piccolo di imprese (4,4%) che affrontano spese rilevanti e un 34,4% che sostengono costi aggiuntivi compensati dai vantaggi fiscali.
L’importanza del sostegno offerto dagli incentivi fiscali per rendere sostenibili le iniziative di welfare è quindi molto evidente. Due fattori distinguono i comportamenti aziendali nella gestione delle politiche di welfare: la proattività decisionale e il coinvolgimento dei lavoratori nell’attuazione delle iniziative. Quanto alla proattività, possiamo distinguere tra aziende che si limitano ad applicare le disposizioni di welfare dei contratti collettivi nazionali (41,7% del totale) e aziende che, oltre che attuare le disposizioni contrattuali, intraprendono iniziative proprie. Queste sono in generale la maggioranza, il 58,3%, e sono particolarmente presenti nel terzo settore e nell’agricoltura.
La dimensione aziendale favorisce la capacità di iniziativa autonoma: sono proattive nel welfare l’84,9% delle imprese con più di 100 addetti e il 76,9% di quelle tra 51 e 100 addetti. Le PMI non appaiono generalmente molto propense a coinvolgere i lavoratori nella gestione delle iniziative. Solamente il 34% praticano azioni di coinvolgimento: pochissime (2,3%) rilevano con indagini i bisogni di welfare; le altre tengono con il personale incontri individuali (17,4%) o collettivi (14,8%). Ma l’analisi della correlazione con l’ampiezza delle iniziative attuate mostra quanto il coinvolgimento costituisca un fattore discriminante: il 70% delle imprese che attuano iniziative in almeno 6 aree del welfare aziendale coinvolgono attivamente i lavoratori. Ascoltare i lavoratori, rilevarne i bisogni, incontrarli per gestire in modo flessibile le iniziative sono condizioni di successo per l’attuazione dei piani di welfare aziendale.
Cosa fanno le aziende per migliorare il welfare dei propri dipendenti e delle loro famiglie? RAI NEWS 24 ieri ha raccontato alcuni dei migliori esempi di welfare aziendale scelti tra i 22 Welfare Champion dell’edizione di Welfare Index PMI 2017. Buona Visione!
Interviste a:Enea Dallaglio, AD Innovation Team; Mariluce Geremia, Vicepresidente Colorificio San Marco; Piero Iacomoni, Presidente Monnalisa; Eleonora Belliconi, Dipendente Monnalisa; Sara Tommasiello, Risorse Umane Monnalisa; Manuel Guerrero, AD Sonzogni Camme.
Le imprese che investono significative risorse nelle iniziative di welfare hanno già verificato impatti positivi sulla soddisfazione dei lavoratori e sui risultati aziendali.
In questa fase di sviluppo di un nuovo welfare aziendale, in un contesto normativo consolidato da pochi mesi, sarebbe fuorviante attendersi impatti immediati sui risultati aziendali. Tuttavia un piccolo gruppo di imprese segnala di avere già verificato netti miglioramenti, in particolare nelle aree della gestione del personale: nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (9,5% delle imprese), nella fidelizzazione dei lavoratori (9,4%) ed anche nella riduzione dell’assenteismo (4,1%). Quote più piccole di imprese segnalano impatti positivi sull’immagine dell’azienda (7,4%) e miglioramenti della produttività (3%).
Molto maggiore, oscillante tra il 25% e il 30%, è la quota di imprese che hanno ricevuto segnali incoraggianti ma si aspettano che il welfare aziendale produca miglioramenti significativi nel lungo termine. Come abbiamo visto sinora, la diffusione delle iniziative di welfare è molto disomogenea. Ciò rende poco significativa la misurazione dei risultati nella generalità delle imprese. È molto più utile concentrare l’analisi sulle aziende più attive, come appare nella figura 42.
Tra le imprese che hanno attuato iniziative in almeno 6 aree, una forte maggioranza registra risultati positivi nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (71% delle imprese), nella fidelizzazione dei lavoratori (69%), nell’immagine dell’azienda (69%), nella produttività del lavoro (56%). Per risultati positivi ci riferiamo alla somma di coloro che hanno già verificato netti miglioramenti e coloro che hanno verificato qualche buon risultato ma si attendono miglioramenti significativi nel lungo termine. Anche la disponibilità a sostenere costi aggiuntivi per le iniziative di welfare è correlata agli impatti positivi sui risultati (figura 43).
L’indagine in profondità sul panel di 109 best practice ci permette di approfondire le analisi statistiche con le valutazioni espresse dai responsabili delle imprese. Da costoro emerge una forte consapevolezza della relazione esistente tra l’intensità delle politiche di welfare e i risultati ottenuti. Secondo gli intervistati, per ottenere buoni risultati conta l’approccio generale dell’azienda più delle singole iniziative: l’affermazione di valori autenticamente vissuti, l’attenzione verso le persone, la vicinanza tra la direzione e i lavoratori, la coerenza dei comportamenti.
In generale l’impatto percepito del welfare aziendale è molto rilevante e positivo sul clima aziendale e sulle relazioni interne, buono o discreto sulla fidelizzazione dei dipendenti, difficile da misurare sulla produttività del lavoro. Diverse imprese hanno narrato testimonianze di preferenza, anche da parte di lavoratori di alto livello professionale, per una scelta di qualità della vita a cui le iniziative di welfare hanno dato un significativo contributo. Alcune hanno dichiarato di dare molto risalto all’offerta di benefici di welfare aziendale nei colloqui di assunzione con i candidati.
Tra leiniziative con un maggiore impatto sulla produttività del lavoro sono state citate quelle legate alla conciliazione vita-lavoro, in particolare la flessibilità degli orari e il lavoro a distanza. Venendo incontro alle esigenze del dipendente, permettendogli di gestire gli orari o di lavorare parzialmente da casa, l’azienda lo responsabilizza inducendolo a dare il meglio di sé. La nostra indagine non rileva direttamente la soddisfazione dei lavoratori per i servizi di welfare aziendale ma ne verifica la percezione da parte delle imprese.
Secondo la generalità delle imprese una larga maggioranza di lavoratori, il 75%, non hanno alcuna consapevolezza dei servizi di welfare o li conoscono solo in generale. Le imprese appaiono in generale poco ottimiste sul gradimento dei lavoratori: il 55% pensano che i dipendenti preferiscano sempre il denaro, pur tassato, in busta paga. Ciò può apparire contraddittorio con l’obiettivo, indicato dalla grande maggioranza delle imprese, di sviluppare il welfare aziendale per migliorare la soddisfazione dei dipendenti.
In realtà anche la percezione delle reazioni dei lavoratori è drasticamente diversa secondo il livello di iniziativa delle imprese. Quelle attive in almeno 6 aree e che sostengono costi aggiuntivi per il welfare aziendale ritengono, tra il 45% e il 48% dei casi, che i loro lavoratori abbiano una buona consapevolezza dei servizi che ricevono e ne siano soddisfatti. L’indagine in profondità effettuata sulle 109 best practice ha permesso di raccogliere copiose considerazioni su questo tema. I responsabili delle imprese hanno sottolineato l’importanza della comunicazione aziendale nel determinare la consapevolezza dei lavoratori dei benefici offerti dai servizi di welfare. I canali utilizzati sono tutti quelli della comunicazione interna: e-mail, circolari, affissioni in bacheca, intranet aziendale. In diversi casi le imprese hanno organizzato assemblee o riunioni di gruppo, talvolta coinvolgendo le rappresentanze sindacali. In pochi casi è stata incaricata una persona come referente per le iniziative di welfare. Diverse imprese best practice, circa il 10% del panel, realizzano indagini periodiche, annuali o biennali, per rilevare le esigenze dei lavoratori e il gradimento dei servizi di welfare, e le utilizzano per indirizzare le iniziative. In alcuni casi, grazie alle indagini, i piani di welfare inizialmente adottati sono stati modificati per corrispondere meglio alle esigenze famigliari dei lavoratori.
L’utilizzo e il gradimento dei servizi di welfare sono direttamente collegati. Le iniziative di welfare più gradite dai lavoratori, secondo i responsabili delle aziende del panel, sono la sanità integrativa e le prestazioni di prevenzione, le forme di conciliazione vita-lavoro e i benefit di carattere più tangibile, come i buoni d’acquisto e le altre facilitazioni economiche. Alcune imprese tra quelle attive da più lungo tempo avvertono il pericolo dell’abitudine: i lavoratori considerano i servizi di welfare come una sorta di diritto acquisito. Non basta informare i lavoratori sui servizi offerti, occorre comunicare il loro valore economico. Nel precedente capitolo abbiamo analizzato i comportamenti delle imprese nelle decisioni di welfare aziendale e nella gestione delle iniziative, tracciando cinque profili. Le figure 47 e 48 mostrano quanto conti l’approccio dell’azienda nel determinare la capacità di ottenere i risultati attesi.
Il profilo delle aziende proattive partecipative, caratterizzato dall’iniziativa autonoma delle imprese, dalla disponibilità a sostenere costi aggiuntivi e dal coinvolgimento dei lavoratori, è quello che ottiene i risultati di gran lunga migliori. Più dell’85% delle imprese appartenenti a questo segmento segnalano impatti positivi tanto nella soddisfazione e fidelizzazione dei lavoratori quanto nell’immagine dell’azienda e nella produttività del lavoro. Le imprese di questo profilo percepiscono reazioni positive anche da parte dei dipendenti, in termini sia di conoscenza sia di gradimento delle iniziative di welfare.
“Solo con questo approccio al welfare possiamo far sì che i nostri valori vengano sentiti e vissuti da tutti”
Luca Luison, amministratore
➞ Obiettivo delle iniziative: conciliazione tempi di vita e lavoro, fidelizzazione dei collaboratori.
L’azienda mette a disposizione dei propri collaboratori una serie di servizi e di aiuto per promuovere il benessere organizzativo. Il Piccolo Principe, sostiene infatti il dipendente nei momenti in cui la gestione dei figli può essere critica e tra le iniziative di welfare più importanti l’offerta di servizi di baby-sitting durante gli incontri, le assemblee, le riunioni per dare l’opportunità di partecipare più attivamente.
Inoltre, i figli dei collaboratori possono usufruire di servizi di doposcuola e animazione durante le vacanze estive. Un grandissimo aiuto per i genitori che possono lavorare serenamente sapendo che i propri figli sono in un ambiente sicuro e conosciuto.
Per rafforzare il legame tra le persone, l’azienda ha sperimentato con successo un progetto ad hoc, denominato “Tutti insieme appassionatamente”, i dipendenti hanno trascorso il tempo libero insieme con gite fuori porta e attività culturali, ludiche e ricreative.
In particolare quest’ultima iniziativa ha avuto un forte impatto sul clima, rafforzando i contatti interpersonali, visto che i dipendenti sono dislocati in diverse sedi. Grande importanza anche alla formazione, soprattutto nell’ambito della sicurezza e prevenzione di incidenti. L’azienda ha già avviato incontri con esperti, per formare e sensibilizzare i collaboratori su questi temi.
Il regolamento aziendale che stabilisca le condizioni per usufruire del Piano Welfare introdotto dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti consente all’Azienda latotale deducibilità delle spese sostenute.
Ciò però a condizione che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale. In mancanza di regolamento, oppure qualora il regolamento risulti presente ma non sia negoziale, la deducibilità è limitata al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
Questi gli ulteriori chiarimenti forniti dalla Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 954-1417/2016 dello scorso 10 aprile. L’art. 100, comma 1, del TUIR stabilisce che se le spese sostenute in servizi di Welfare dal datore di lavoro sono frutto di una sua scelta liberale, le stesse sono deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultanti dalla dichiarazione dei redditi.
Se invece scaturiscono da disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, la deducibilità è integrale. A differenza del contratto o dell’accordo, che presuppone sempre la loro sottoscrizione da parte del sindacato, il regolamento è espressione della libera volontà unilaterale del datore di lavoro. Ne consegue la possibilità anche per le piccole imprese non sindacalizzate di strutturare un sistema di welfare aziendale attraverso un proprio regolamento interno senza dover rinunciare al vantaggio fiscale dell’integrale deducibilità delle spese in servizi.
Venendo al carattere “negoziale” del regolamento, la precisazione era già contenuta nella Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016 dell’Agenzia delle Entrate, anche se il principio aveva sin da subito lasciato perplessi gli addetti ai lavori. Come coniugare infatti l’unilateralità della scelta datoriale sul contenuto del regolamento e la pretesa negozialità dello stesso ? Ebbene, secondo l’Agenzia il regolamento aziendale è negoziale quando sia fonte di diritti dei dipendenti e di corrispondenti obblighi giuridici a carico del datore di lavoro, non consentendo a quest’ultimo la possibilità di modificare gli impegni assunti per un determinato periodo di tempo. In tal caso, il lavoratore, aderendo al Piano Welfare, acquista la titolarità di un diritto soggettivo al quale è correlato l’obbligo di adempimento del datore, con tutte le conseguenze di legge.
Un passo in avanti per consentire la diffusione del Welfare nelle PMI: il regolamento aziendale è uno strumento fatto su misura per loro, potendo coniugare flessibilità e benefici fiscali.
Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP
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