La passione per il lavoro per sviluppare le potenzialità di un territorio

L’agricoltura ha una storia consolidata di welfare e Agrimad, società agricola con sede a San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza e che lo scorso anno ha vinto il primo premio Welfare Index PMI, mette in risalto prassi e comportamenti virtuosi già consolidati nel quotidiano delle Pmi.

Tracciabilità, salubrità, innovazione, sostenibilità, sono le parole chiave dell’azienda.

Nata come allevamento di suino calabrese allo stato brado, razza pregiata e autoctona, che rimane l’attività principale con il controllo di tutta la filiera, inclusa macellazione e trasformazione, fino al prodotto finito. Nel corso degli anni Agrimad ha allargato la sua attività alla coltivazione degli ulivi e del peperoncino calabrese. A partire dal 1990, ha iniziato il suo lavoro di ricerca sul suino nero di Calabria nelle aree della Sila greca e Aspromonte e, dopo un lungo percorso di selezione e recupero della genetica originaria che si era estinta nel 2010 l’azienda ha brevettato il processo di lavorazione della razza diventando uno degli allevamenti di suino nero calabrese più importanti d’Italia.

La scelta di mettere la comunità al centro dell’impresa ha permesso politiche occupazionali in una zona con elevato tasso migratorio. Spiega Ernesto Madeo: “Il numero dei dipendenti varia nell’arco dell’anno, essendo quello agricolo un lavoro legato alle stagioni. Abbiamo una media di 30-35 dipendenti con picchi che arrivano a 50”. È indubbio che Agrimad pone molta attenzione nei confronti del rapporto con il territorio infatti la maggior parte dei lavoratori proviene dal paese di San Demetrio o da zone limitrofe e l’azienda assume spesso entrambi i coniugi o famigliari dei dipendenti. “In un territorio svantaggiato in diversi modi, con problemi di viabilità e le colline ormai abbandonate e lo stesso per i paesini – dichiara Ernesto Madeo – abbiamo cercato di creare la passione per questo lavoro in modo anche da sviluppare le potenzialità del territorio”. Per questo – prosegue Madeo – ci siamo dedicati ai giovani che sono la nostra speranza, anche perché senza la forza lavoro le aziende non possono andare avanti”.

foto-di-gruppo-madeo

Agrimad infatti ha attivato formazione non solo per i propri collaboratori ma anche per i figli dei dipendenti in modo da favorire il trasferimento delle competenze nell’ambito agricolo e raggiungendo anche l’obiettivo di far sentire ciascuno un elemento fondamentale della filiera. Il coinvolgimento in azienda di coniugi e di più di una generazione per famiglia garantisce la continuità di un mestiere e vicinanza alla sede di lavoro. Ogni anno inoltre vengono organizzati incontri che uniscono la condivisione di risultati e obiettivi a momenti conviviali che coinvolgono tutta l’azienda. Conclude Ernesto Madeo: “Viene fuori un prodotto di qualità perché c’è stata qualità nel processo di produzione”.

Il 28 Giugno 2016 Agrimad è stata a Berlino dove si è tenuta la Cerimonia dei Premi “Benessere Animale”, organizzata da Compassion in World Farming che ha premiato aziende Alimentari provenienti da tutto il mondo per il loro impegno volto a garantire modalità di allevamento migliorative del Benessere Animale all’interno delle loro Filiere.

 

Coinvolgere la comunità per riscattare il territorio

L’inserimento lavorativo attraverso le attività agricole di persone svantaggiate – che sono più del 40% degli addetti – è al centro delle attività dell’impresa. Per questo motivo la cooperativa sociale Un fiore per la vita Onlus con sede ad Aversa, in provincia di Caserta, ha ricevuto lo scorso 8 marzo la menzione speciale “Agricoltura sociale”.

Un fiore per la vita onlus nasce per dare risposta all’esigenza di lavoro di persone momentaneamente in difficoltà – racconta il presidente Giuliano Ciano – come minori, tossicodipendenti e sofferenti psichici attraverso l’agricoltura”.

Fondata nel 2000, da allora la cooperativa si è sempre occupata di agricoltura sociale iniziando con un vivaio per la coltivazione di fiori e piante aromatiche.
Nel 2005, recuperando gli spazi abbandonati dell’ex ospedale psichiatrico di Aversa è stata fondata la fattoria sociale Fuori di Zucca che si occupa di attività molteplici: dall’agricoltura biologica, alla fattoria didattica e Agri campo estivo, ristorazione in loco e gestione mense aziendali presso terzi, turismo agricolo, fino alla trasformazione di materie prime nella filiera del consorzio NCO. Soprattutto la cooperativa si occupa del reinserimento lavorativo di persone con svantaggio psico-sociale che, a causa delle condizioni di disagio, non hanno avuto mai accesso al mondo del lavoro o se ne sono allontanate e trovano forti difficoltà nel rientrarvi.

un-pacco-per-la-vita-grano

Spiega Giuliano Ciano: “Ci sono persone che sono venute a fare il loro primo giorno di lavoro a 50 anni e che prima erano coinvolte nello spaccio, o erano in prigione – grazie ai percorsi di rieducazione al lavoro a cura di un’equipe di specialisti, le persone hanno l’opportunità di emanciparsi e lo fanno attraverso la natura che è uno strumento molto facile per loro, perché – prosegue il Presidente – non ti giudica e rispetta i tuoi tempi”.

La cooperativa Un fiore per la vita onlus inoltre continua a instaurare relazioni di collaborazione sia con il territorio che con altre cooperative sociali attraverso la Rete delle fattorie sociali e il forum dell’agricoltura.

L’obiettivo è infatti quello dello sviluppo economico del territorio attraverso la rete di economia sociale. Spiega Ciano: “Abbiamo fatto un contratto di rete tra profit e non profit, coinvolgendo tutte quelle realtà che ad Aversa e nei territori circostanti, famosi purtroppo in maniera negativa e conosciuti come la terra dei fuochi o le terre di gomorra, perseguendo l’obiettivo – conclude Ciano – di liberarci da queste etichette e far conoscere questi territori come le terre di Don Peppe Diana, assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia a Casal di Principe nel 1994”. “Noi – conclude Ciano – l’abbiamo conosciuto e come lui, vogliamo riscattare il nostro territorio e creare occupazione”.

La cooperativa oggi occupa una quarantina di persone con contratto a tempo indeterminato, più un’altra trentina tra borse lavoro e servizio civile.
Anche con la chiave ironica si cerca di affrontare problemi seri come l’economia criminale. Da questa idealità è nata anche l’iniziativa promossa dal comitato Don Peppe Diana e attuata dal consorzio Nuova Cooperazione Organizzata “Facciamo un pacco alla camorra” un progetto che è ormai una tradizione, giunta alla sua ottava edizione e contiene i buoni frutti dei beni confiscati alla mafia, di agricoltura sociale e vede coinvolti imprenditori che hanno denunciato il racket in una scatola natalizia che testimonia l’economia sociale come antidoto all’economia criminale.

La gestione dei terreni e beni sequestrati alla camorra ha infatti creato dinamiche economiche che combattono la criminalità e favoriscono attività finalizzate al coinvolgimento della collettività, per il cambiamento socio culturale del territorio e per rendere sempre più i beni confiscati simboli e risorse di comunità libere dalla camorra.

Per Socfeder fare impresa è qualità e responsabiltà sociale

Da oltre sessant’anni l’azienda Socfeder è specializzata nella commercializzazione e lavorazione di prodotti di siderurgia e idraulica. Fondata dai coniugi Testi nel 1955, oggi è diretta dal figlio, Claudio Testi, conta circa una trentina di dipendenti e ha la sua sede principale a Modena.

Lo scorso 8 marzo 2016 l’azienda modenese si è aggiudicata il secondo premio Welfare Index PMI nel settore Commercio e Servizi distinguendosi per avere affiancato alle aree più classiche di welfare aziendale importanti iniziative nelle aree di conciliazione vita-lavoro e sostegno alla famiglia.

Punti di forza di Socfeder sono: un assortimento di materiali unico, come laminati mercantili, travi, tubi meccanici Dalmine, materiali per l’edilizia, tubi e raccordi per l’idraulica, per differenziare i mercati; qualità certificata del servizio (dalla Iso 9000 alla En 1090-1), velocità di consegna e grande attenzione alle Risorse Umane che ha contribuito a migliorare ancora di più l’azienda modenese.

Il segreto del successo di Socfeder sembra perfettamente sintetizzato nel motto aziendale: “Per noi fare impresa – ha dichiarato Claudio Testi amministratore unico – è qualità e Responsabilità sociale”. Perno fondamentale del benessere organizzativo infatti è la partecipazione, ha commentato l’imprenditore Testi: “Per noi è importantissimo il gioco di squadra, anche per questo cerchiamo di fare riunioni in cui il maggior numero di persone risultino coinvolte, dai dipendenti alle maestranze, per rendere tutti partecipi dell’andamento aziendale e ricevere anche suggerimenti e consigli per il continuo miglioramento di tutti i processi”.

La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), vissuta come fine aziendale, ispira anche l’azione di Socfeder nel welfare nella convinzione che il benessere dei dipendenti possa avere ricadute positive non solo sull’impresa ma anche sul territorio. Abitazioni ad affitti calmierati per i dipendenti, part time nei frangenti possibili in particolare per le neomamme e, a partire dal 2009, erogazione del TFR oltre gli obblighi di legge.

Queste sono solo alcune tra le tante iniziative promosse da Socfeder che è anche tra i soci fondatori dell’Associazione Aziende modenesi per la RSI, nata a fine 2014 per promuovere principi e pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa attraverso attività laboratoriali, seminari e corsi di formazione e che include trentacinque imprese della provincia di Modena di vari settori e varie dimensioni che impiegano, direttamente o attraverso i propri associati, oltre 30mila operatori sul territorio nazionale.

L’azienda è impegnata con convinzione anche nel settore ambientale. Racconta Claudio Testi: “Grazie all’installazione di un impianto fotovoltaico oggi produciamo il 75% del nostro fabbisogno energetico”. Inoltre per sottolineare la grande importanza che questi temi hanno all’interno dell’azienda è stata avviata una partnership per l’utilizzo di auto elettriche per la mobilità su strada. Da Socfeder il turnover è bassissimo: “le persone qui – ha detto l’imprenditore Testi – stanno bene e crescono all’interno dell’azienda”.

Barone Ricasoli dove l’azienda è come un buon amico

L’8 marzo 2016 l’azienda ha vinto il terzo premio Welfare Index PMI nel settore agricoltura. L’autenticità dell’azienda, della sua storia e della sua idea di continuo perfezionamento del prodotto si traduce nell’attenzione costante verso i dipendenti e i loro familiari. Anche oggi che conta 180 dipendenti.

La Barone Ricasoli ha infatti investito molto nel sostegno ai momenti più delicati della vita privata dei collaboratori e delle loro famiglie, per esempio con la concessione di piccoli prestiti senza interessi, anticipi sulla retribuzione, messa a disposizione dei lavoratori stagionali e delle loro famiglie di alloggi aziendali e, per le neo mamme il lavoro part-time a chi lo richiede e la flessibilità dell’orario di lavoro legata all’organizzazione familiare.

L’obiettivo – dichiara Michele Palagi dell’Ufficio Risorse Umane – è rendere la vita un po’ più semplice ai dipendenti e alle loro famiglie anche fuori dall’orario lavorativo. Migliorare il benessere complessivo aziendale – prosegue Palagi – è anche la garanzia dell’altissima qualità del nostro prodotto, conosciuto ed esportato in tutto il mondo”.

Si tratta dell’azienda vinicola più antica d’Italia, la quarta più longeva a livello mondiale e seconda assoluta nel settore vitivinicolo. Immersa in una tenuta di proprietà della famiglia dal 1141, a venti chilometri da Gaiole in Chianti. Francesco Ricasoli, il 32° Barone di Brolio, è alla guida dell’azienda di famiglia dal 1993. L’azienda ha il controllo di tutta la filiera: dal vigneto, alla vinificazione, alla cantina fino all’imbottigliamento e alla distribuzione. Da sempre produttrice di vini Docg, Doc, Igt, conosciuti ed esportati in tutto il mondo.

Spiega ancora Michele Palagi: “Da noi, le persone sono considerate le risorse più importanti. Il rapporto non si riduce a quello di un datore di lavoro con un dipendente, ma l’azienda assomiglia ad un buon amico. Questo secondo noi è il welfare”.

Inoltre per stimolare l’innovazione, viene data molta importanza alla formazione specializzata. Spiega Palagi: “Il mondo si evolve e chiaramente anche le lavorazioni agricole non sono più le stesse, c’è sempre bisogno di nuovi aggiornamenti tanto più che nel corso degli anni si è verificato proprio un cambio anche nella visione della produzione”.

Infine la Barone Ricasoli è una delle poche aziende agricole italiane che estende il servizio di mensa a tutti i lavoratori agricoli. L’azienda, antichissima, ha saputo rinnovare le qualità e la personalità dei grandi vini di Brolio, sperimentando e valorizzando le caratteristiche uniche del territorio e della sua storia. Nascono così nuove etichette, mentre si perfezionano vini conosciuti e premiati in tutto il mondo: il benessere dei dipendenti sembra essere l’ingrediente segreto a garanzia della qualità del prodotto finale.

ricasoli-foto-dipendenti
I dipendenti dell’Azienda Barone Ricasoli

Le persone al centro dell’interesse di Lurisia

Saper investire nel benessere dei dipendenti per far crescere insieme azienda, territorio e comunità.

È questo il segreto del successo di Lurisia Acque minerali, azienda specializzata nella produzione di acque e bevande con sede nella piccola comunità omonima del cunese, che l’8 marzo scorso si è aggiudicata il secondo premio Welfare Index PMI nel settore Industria. Oggi conta 40 dipendenti e negli ultimi cinque anni ha raddoppiato il fatturato.

Questa storia inizia nel 1940 con la scoperta di una sorgente termale, un luogo di benessere in cui ancora oggi viene imbottigliata un’acqua dai benefici importanti. La famiglia Invernizzi rileva l’attività negli anni ’90 e, a partire dal 2000, l’azienda sotto la guida di Alessandro Invernizzi, inizia un percorso di cambiamento e innovazione che ha portato alla produzione di nuove bevande con un packaging prestigioso e il sodalizio con Eataly.

Al centro dell’interesse aziendale – ha spiegato l’AD Alessandro Invernizzi – ci sono le persone che tuteliamo con attente politiche sulla sicurezza tanto che negli ultimi tre anni non si sono registrati infortuni grazie alla formazione continua, maggiore di quella richiesta dal contratto nazionale del lavoro”.

Alessandro Invernizzi
Alessandro Invernizzi

Da Lurisia infatti anche i premi di produzione sono legati al 70% alla sicurezza e all’igiene e solo al 30% alla produttività. Una filosofia manageriale attenta dunque al valore delle persone, con programmi di formazione e sviluppo personale che superano gli standard imposti dalle normative. Decisamente innovativa la piattaforma e-learning presto a disposizione dei dipendenti.

Spiega Alessandro Invernizzi: “L’iniziativa permetterà ai nostri collaboratori di seguire nel tempo libero corsi di formazione che vanno dall’inglese, al giardinaggio, fino alla fotografia digitale. Il mondo in cui viviamo così come il nostro modo di lavorare – prosegue Invernizzi – sono in continua evoluzione, quindi ogni giorno dobbiamo essere in grado di imparare qualcosa di nuovo e, iniziare a farlo partendo dai propri interessi è – conclude – uno stimolo che permette di integrare tale approccio anche rispetto nuovi processi lavorativi o nuove tecnologie di imbottigliamento”.

La convinzione profonda di Lurisia è che la vita, sia personale che aziendale, siano imprescindibilmente legate all’apprendimento costante. Sempre con l’obiettivo di stimolare le persone ad arricchire il proprio bagaglio culturale, l’azienda sta dando vita alla Biblioteca del cuore e della mente, grazie ai libri scelti dai collaboratori tra quelli che in qualche modo hanno segnato la loro vita.

Nell’estate 2015 inoltre l’azienda per affrontare l’emergenza migranti ha fondato l’associazione Volontari per un mondo migliore diventando promotrice di un’iniziativa di accoglienza e integrazione per 60 richiedenti asilo che ora sono coinvolti attivamente nella vita della comunità attraverso servizi di volontariato come la pulizia delle strade e la manutenzione del verde. L’azienda piemontese ha aderito anche al progetto Diamo il meglio di noi, promossa da Ministero della Salute e Centro Nazionale Trapianti per supportare la campagna di sensibilizzazione alla donazione di organi, tessuti e cellule.
Lurisia è dunque l’esempio di un’azienda che cresce insieme alle persone e al territorio.

Da Fungar, il welfare è a misura di Donna

Fungar è una società agricola specializzata nella coltivazione di funghi, nata nel 1978 e con sede a Coriano, in provincia di Rimini. Dagli anni Ottanta ad oggi, l’azienda agricola è diventata leader in Italia del settore, raggiungendo 10 mila mq di serre, 3 mila tonnellate di produzione e passando da circa 10 a 80 dipendenti.

Dietro il successo di Fungar c’è un sodalizio tra donne: a partire dalle due imprenditrici, Loredana Alberti e Maddalena Zortea, a capo dell’azienda che hanno saputo fare squadra con i propri dipendenti, l’80% dei quali sono donne.
Fungar si è infatti aggiudicata lo scorso 8 marzo 2016, l’importante Menzione speciale Valore Donna di Welfare Index PMI.

menzione-speciale-valore-donna-fungar
Le due menzioni speciali: Valore Donna all’Azienda Agricola Fungar, rappresentata da Loredana Alberti e Agricoltura Solidale alla Cooperativa Sociale Un Fiore per la Vita Onlus

Come donne – ha spiegato l’imprenditrice Loredana Alberti – conosciamo, avendole vissute in prima persona, le difficoltà nel conciliare vita lavorativa e vita privata. Per questo è stato facile metterci nei panni delle nostre collaboratrici e attivare quindi dei servizi in azienda per aiutarle. La nostra famiglia – ha concluso – è anche Fungar.”

La maggior parte dei collaboratori dell’azienda sono donne, mamme, provenienti dalla Cina, e a loro sono rivolti i principali servizi di welfare attivi in azienda. Alle neo mamme sono offerti orari flessibili di lavoro e periodi di maternità più lunghi di quelli previsti dalla legge.
Da Fungar sono presenti anche dei coniugi, e i neo-papà vengono aiutati e incoraggiati ad organizzare gli orari di lavoro per agevolare la suddivisione dei compiti nella gestione dei tempi di vita e lavoro. Inoltre le neo mamme vengono aiutate nella ricerca degli asili nido per i figli. Molta attenzione anche alla forte componente multietnica dei dipendenti.

E così Fungar offre aiuto nello svolgimento di molte pratiche e incombenze come il rinnovo dei permessi di soggiorno, l’attestazione Isee per la scuola materna e l’assistenza sanitaria. La società si fa inoltre garante nei confronti degli affittuari per conto dei propri dipendenti. L’azienda assiste i lavoratori in agenzia immobiliare e aiuta i lavoratori ad ottenere il mutuo trattando le migliori condizioni con le banche.

Le iniziative di welfare dedicate ai dipendenti stranieri si estendono alla presenza di una mediatrice culturale e all’iscrizione di corsi di lingua italiana e di educazione civica. L’attenzione di Fungar per le proprie risorse si traduce in un’altissima fidelizzazione del capitale umano. “L’azienda – ha concluso l’imprenditrice Loredana Alberti – è stata costruita vivendola giorno per giorno come si fa con una famiglia”.

 

dipendenti-azienda-fungar
I dipendenti dell’Azienda Fungar

La formula del successo di WeCare: l’attenzione verso i collaboratori

È nato a partire da un’esigenza, hanno continuato a portarlo avanti e i dipendenti sembrano apprezzarlo moltissimo.

Lo smart working rappresenta sicuramente una sfida: maggiore libertà ma anche maggiore responsabilizzazione.
WeCare – una start up nata nel 2013 dall’incontro di Riccardo Zanini, imprenditore, con Filippo Scorza, bioingegnere e industrial designer – ha sposato questa nuova organizzazione del lavoro, aggiudicandosi l’8 marzo scorso il terzo premio Welfare Index PMI per il settore Servizi e Commercio.

WeCare WIPMI
Filippo Scorza e Riccardo Zanini

Zanini e Scorza hanno ideato insieme, fino a lanciarlo sul mercato Amyko, un sistema composto da un archivio privato (private Cloud) e un braccialetto dotato di tecnologia NFC in grado di comunicare con smartphone e tablet. Avrai sempre al polso tutte le informazioni di prima necessità e lo stato di salute visualizzabili in tempo reale in caso di bisogno da un soccorritore o un familiare sul display dello smartphone.

Amyko bracciale

Si tratta insomma di un sistema che consente di archiviare dati personali sullo stato di salute che grazie ad un bracciale anallergico e privo di batteria, garantisce più sicurezza e serenità quando si è fuori casa – dal codice fiscale, al gruppo sanguigno fino ad eventuali intolleranze, patologie o allergie – per visualizzarli in maniera immediata in caso di bisogno.

La formula del successo sembra risiedere anche nell’attenzione per i propri collaboratori. Ha spiegato Zanini: “I nostri collaboratori possono gestire scadenze e obiettivi senza la pressione di un ufficio fisso, del traffico per doverci arrivare o di orari prestabiliti, spesso e volentieri infatti lavoriamo in remoto: ci serve solo una connessione internet e possiamo confrontarci ovunque ci troviamo”.

All’inizio per i due fondatori si è trattato di un’esigenza: “Filippo – ha commentato Zanini – abita a Genova, mentre io a Brescia. C’era quindi l’esigenza concreta di trovare una modalità di lavoro dinamica ma ci siamo poi accorti del valore aggiunto di questo modello organizzativo perché nel momento in cui una persona si sente responsabile del proprio operato, diventa più motivata e dunque anche più produttiva”.

Oggi infatti WeCare ha una sede operativa a Milano, la produttiva a Brescia e quella amministrativo/legale a Genova; tuttavia la presenza in ufficio dei collaboratori è richiesta solo lunedì e martedì per organizzare gli obiettivi lavorativi di ciascuno.

Il benessere dei nostri collaboratori e il loro grado di soddisfazione all’interno del team di lavoro – ha aggiunto Zanini – è il fulcro della nostra filosofia manageriale: ogni nostro collaboratore ha una vita personale intorno alla quale ruotano affetti, interessi, crescita e sviluppo personale e noi cerchiamo di valorizzare tutto questo perché siamo convinti crei valore aggiunto per il prodotto finale”.

Anche i collaboratori della start up sembrano apprezzare il modello organizzativo.

“Lavoro con loro da gennaio – spiega Giulia Mondello Social Media Manager – per mesi ci siamo conosciuti e parlati solo via internet, questo però non ha impedito a Riccardo e a Filippo di darmi fiducia, né ha impedito a me di lavorare con motivazione e serietà”.
“Lavorare alla WeCare – ha proseguito Giulia – vuol dire essere in grado di riconoscere i propri limiti, saperli esplorare senza vergognarsene, e aver tanta, ma tanta, voglia di crescere e di fare. Perché – ha concluso Giulia – al centro non c’è il lavoro per il lavoro, ma la responsabilità di cui ognuno di noi dovrebbe farsi carico in ogni azione che compie ed è così, nel confronto e nel reciproco rispetto, che il lavoro diventa piacevole”.

Gabriele Guerceri, Responsabile customer care e back office alla WeCare ha dichiarato : “Lavorare da casa permette di svolgere le proprie mansioni anche al di fuori dei canonici orari di ufficio, si è insomma liberi di organizzare la propria giornata e la propria settimana, per questo non pesa dedicare alcune ore del proprio week-end ad un obiettivo condiviso con tutta l’azienda, sento infatti di avere la fiducia non solo dei miei datori di lavoro ma anche dei miei colleghi”.

Salvi Vivai dove l’azienda è una famiglia

Salvi Vivai nasce nel 1970 e si afferma grazie alla filiera completa dei prodotti ortofrutticoli: dalla ricerca, alla produzione fino alla commercializzazione.

L’azienda ferrarese è da sempre all’avanguardia nel settore frutticolo con una tradizione secolare che si tramanda di generazione in generazione. Oggi Salvi Vivai rappresenta anche una tra le migliori best practice per sviluppare un programma di welfare aziendale condiviso con i propri collaboratori.

L’impresa, che seppur ingrandendosi ha voluto mantenere la propria struttura sul modello dell’impresa familiare, ha infatti ricevuto l’8 marzo 2016 il secondo premio Welfare Index nel settore Agricoltura.

premiazione

“Abbiamo partecipato all’indagine attraverso Confagricoltura e il premio – spiega Silvia Salvi, amministratore della Salvi Vivai – è stata una bella soddisfazione perché ci ha permesso di misurare le nostre iniziative di welfare, confrontandoci con le esperienze più avanzate del nostro settore”.

“Come azienda – prosegue Silvia Salvi – abbiamo sempre creduto nei valori dell’innovazione, della formazione continua e della motivazione. In tutti i nostri 50 anni di attività, infatti, abbiamo sempre voluto far sentire i collaboratori parte attiva dell’azienda come promotori di idee e di innovazione. Allo stesso tempo – conclude – pensiamo che le discussioni e il confronto a tutti i livelli siano un fattore determinante per il miglioramento dell’azienda stessa”.

La valorizzazione del personale in ambito welfare si traduce per l’azienda in: formazione professionale continua a tutti i livelli, flessibilità d’orario con particolare attenzione sia alla maternità che alla paternità con un accesso privilegiato alle soluzioni di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e, infine, grande attenzione alla sicurezza. L’attenzione dedicata ai propri collaboratori sembra essere ripagata con un elevato grado di fidelizzazione delle risorse umane.

Salvi Vivai è stata insomma in grado di trattenere nella propria azienda i talenti, tanto che molte delle attuali posizioni di vertice all’interno dell’azienda sono in gran parte occupate da collaboratori che hanno iniziato giovanissimi e che, dopo un percorso di crescita, sono maturati fino ad arrivare ad esserne i responsabili.

Infine, Silvia Salvi ha dichiarato: “Mi rende particolarmente orgogliosa il fatto che molti dei nostri collaboratori lavorano con noi da oltre 20 anni: è come fossimo una vera e propria famiglia!”.

L’azienda, inoltre, investe anche nel proprio territorio ed è tra i fondatori del Centro innovazione varietale, Civ, che da anni sviluppa, seleziona e diffonde piante di fragole e da frutto, in collaborazione con i più importanti istituti di ricerca internazionali.

Un dipendente felice è un dipendente migliore!

In Svezia, il 21 aprile scorso, sono stati presentati i risultati di un esperimento che ha ridotto l’orario di lavoro del personale di una casa di riposo portandolo dalle 8 alle 6 ore giornaliere, senza alcuna riduzione dello stipendio.

La casa di riposo si chiama Svartedalen e si trova a Göteborg, ha in tutto 68 dipendenti e a fronte della riduzione dell’orario sono state assunte ulteriori 14 persone.

Mark Adkins (CC/Fliker)

La Svezia, come è noto, è da tempo un laboratorio in cui si sperimentano iniziative per trovare il miglior equilibrio tra vita e lavoro.
A Svartedalen l’esperimento che ha ridotto la settimana lavorativa per gli operatori sanitari da 40 a 30 ore settimanali, è iniziato a gennaio 2015 e, dati alla mano, il programma ha dimostrato di aver drasticamente ridotto l’assenteismo e migliorato la produttività dei dipendenti, innalzando gli stessi standard di cura e servizi percepiti dagli utenti come ha recentemente raccontato anche il New York Times.

Il caso infatti ha suscitato grande eco mediatica. “Meno permessi per malattia, personale più felice e anziani più soddisfatti” scriveva infatti il quotidiano svedese Dagens Nyheter .

Un esperimento costoso ma che si aggiunge ad ulteriori studi già condotti sui vantaggi della riduzione dell’orario lavorativo per questa specifica categoria di lavoratori che è la più grande della Svezia, con 175.000 lavoratori, di cui il 93% donne e va considerato che il lavoro di cura è estremamente faticoso perché richiede sforzi non solo fisici ma anche elevati livelli di attenzione, pazienza e capacità di ascolto.
I dati dello studio condotto dalla Facoltà di Economia dell’Università di Göteborg hanno in particolare dimostrato la riduzione delle assenze per malattie scese dal 6,4% al 5,8%, e molto più basse rispetto alla media cittadina del 12,1%.

In questo modo, proprio a Svartedalen dove l’orario di lavoro è stato ridotto, la percentuale di ore lavorate (rispetto a quelle da contratto) è passata dall’87,5% all’89,2%. Inoltre gli operatori della casa di riposo hanno dichiarato di aver migliorato la percezione della propria salute e del proprio benessere.

 

mod

Non serve essere grandi per fare la differenza

Obiettivi, lavoro, impegni e sogni.

Al Colorificio San Marco più dell’80% dei dipendenti converte il premio di produttività in servizi di welfare.

Dal 2013 infatti l’azienda, specializzata nella produzione di sistemi vernicianti per l’edilizia, con sede a Marcon in provincia di Venezia, promuove politiche di welfare aziendali che in questi anni si sono strutturate fino a diventare una leva strategica per lo sviluppo aziendale. Il Colorificio San Marco si è aggiudicato il Primo premio Welfare Index PMI 2016 nel settore Industria.

L’azienda nata nel 1962, oggi è alla quarta generazione di imprenditori della famiglia Tamburini-Geremia, a capo della holding San Marco Group che conta 9 siti produttivi e commerciali in diversi Paesi con un portafoglio di 6 brand e un fatturato consolidato di 70 milioni di euro. Da tre anni il Colorificio San Marco rinnova l’accordo con le RSU aziendali offrendo attualmente ai 160 dipendenti del Colorificio San Marco, l’opportunità di convertire in tutto o in parte il premio di produttività in beni e servizi welfare.

FAMIGLIA-GEREMIA

L’obiettivo – spiega Federica Coletto dell’Ufficio Risorse Umane – è di migliorare il benessere dei nostri dipendenti e, sull’esempio di ciò che avviene nelle grandi aziende, abbiamo deciso di intraprendere questa strada piuttosto innovativa per un’impresa delle nostre dimensioni”.

Il sistema è infatti all’avanguardia, altamente personalizzabile e mira a rispondere alle diverse esigenze dei dipendenti, tutto a portata di un clic.

Prosegue Coletto:

Grazie a una piattaforma web sviluppata ad hoc, il dipendente trova già pre caricato l’importo che ha deciso di convertire in servizi e benefit. Siamo partiti – commenta – dall’ascolto dei bisogni reali delle persone per strutturare al meglio l’offerta e a colpire oggi è la crescita in questi tre anni della percentuale di chi ha chiesto servizi di welfare”.

Dunque, come funziona la piattaforma. Si accede tramite internet alla pagina personale e il dipendente può in qualsiasi momento decidere come destinare la somma che ha convertito. L’offerta va dall’Area istruzione, che spazia dal rimborso delle spese sostenute per i propri figli per l’asilo nido, all’iscrizione a campus estivi, scuole, università, master fino al rimborso dei libri scolastici. Il personale del Colorificio San Marco è composto da tanti giovani con un’età media inferiore ai 40 anni e soprattutto per loro è stata pensata la sezione Sport e cultura, dove si possono acquistare ad esempio, abbonamenti per la palestra o il teatro. Inoltre, il premio può essere impiegato anche per il fondo pensione o l’assistenza sanitaria, e ancora per buoni spesa o carburante. Infine, i dipendenti con famigliari a carico possono prenotare tramite la piattaforma servizi dedicati con operatori socio-assistenziali.

Grazie a questa iniziativa – ha concluso Coletto – abbiamo avuto modo di lavorare in maniera più approfondita sul tema della comunicazione aziendale e della relazione con il dipendente. Ci ha permesso di conoscere meglio le nostre risorse. Dall’altro lato è indubbio il vantaggio fiscale per l’azienda. Si tratta insomma di un beneficio di lungo periodo sia per l’impresa che la persona”.