Decreto Legge 104: nuovi provvedimenti del Governo per contrastare l’emergenza Covid-19

Nuovo intervento del Governo per sostenere e rilanciare l’economia duramente colpita dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. È entrato in vigore il 15 agosto 2020 il Decreto Legge n. 104, che prevede importanti novità sia in materia di lavoro (Capo I) che in materia fiscale (Capo VII).

In materia di lavoro viene ulteriormente estesa la cassa integrazione guadagni a favore dei dipendenti dei datori di lavoro colpiti dalla crisi economica, anche se questa volta con precisi paletti.

I datori possono infatti usufruire di ulteriori 18 settimane di Cassa Covid-19 relativamente al periodo 13 luglio–31 dicembre 2020. Le prime nove settimane sono “libere”, mentre per accedere alle seconde nove le aziende devono versare un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019. Il contributo è pari:

a) al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori dipendenti per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, nel caso di riduzione del fatturato inferiore al 20%;

b) al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori dipendenti per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Il contributo addizionale non è dovuto dalle aziende che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% e per coloro che hanno avviato l’attività successivamente al 1° gennaio 2019. 

Viene precisato che i datori di lavoro che non hanno utilizzato parte delle settimane previste dal precedente Decreto “Cura Italia” perdono le settimane residue. Mentre quelle eventualmente già richieste a decorrere dal 13 luglio si sottraggono dalle prime nove settimane previste dal nuovo Decreto.

Al fine di favorire la ripresa delle attività lavorative, ai datori di lavoro, con esclusione del settore agricolo, che non accedono alla nuova Cassa Covid-19 ma che vi hanno fatto ricorso nei mesi di maggio e giugno 2020 è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno, riparametrato e applicato su base mensile. 

Collegata alla proroga della Cassa Integrazione o, in alternativa, all’esonero contributivo per non farvi più ricorso, anche la normativa limitatrice dei licenziamenti collettivi e individuali, precedentemente in vigore sino alla data del 17 agosto 2020. 

Tra chi proponeva di spostare la data al 31 dicembre 2020 e chi sosteneva l’incostituzionalità di una nuova proroga, è prevalso il solito compromesso che equivale al solito pasticcio all’italiana: non vi è infatti un termine di valenza generale trascorso il quale il divieto di licenziamento verrà meno, piuttosto è prevista una scadenza “mobile” che varia a seconda del periodo in cui ogni datore di lavoro fruirà delle 18 settimane di ammortizzatore sociale o dell’esenzione contributiva per coloro che non richiedono trattamenti di Cassa Integrazione.

Si legge infatti che: “Ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19” previste dal nuovo Decreto “ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali” per i datori di lavoro che non richiedono trattamenti di Cassa integrazione “resta precluso l’avvio delle procedure” di licenziamento collettivo nonchè “preclusa…indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo”.

È chiaro che chi fa ricorso anche solo a una delle 18 settimane di Cassa previste dal nuovo Decreto dovrà aspettare di esaurirle tutte oppure, in mancanza, attendere la fine dell’anno per poter essere libero di ricorrere ai licenziamenti. È altresì chiaro che i datori di lavoro che hanno fatto ricorso alla Cassa per i mesi di maggio e giugno, ma non intendono utilizzare nessuna delle 18 settimane previste dal nuovo Decreto, godranno delle agevolazioni contributive nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei predetti mesi e successivamente potranno ricorrere ai licenziamenti. Molto meno chiara è la sorte di chi non è mai fatto ricorso alla Cassa Integrazione, oppure vi ha fatto ricorso in mesi diversi da maggio e giugno, e non intende accedere alle 18 settimane previste dal nuovo Decreto. Logica vorrebbe che siano liberi di ricorrere ai licenziamenti dal 18 agosto, ma stando alla lettera della norma potrebbero dover comunque attendere il 31 dicembre. Sono in ogni caso escluse dal divieto di licenziamento le imprese coinvolte in un cambio appalto, quelle in liquidazione con cessazione totale dell’attività, i fallimenti privi di esercizio provvisorio e, infine, le aziende che licenziano sulla base di un accordo sindacale.

Per favorire la ripresa dell’occupazione stabile sono previste agevolazioni previdenziali per le assunzioni a tempo indeterminato. Fino al 31 dicembre 2020 ai datori di lavoro non agricoli, che assumono lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e quelli di lavoro domestico, è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un periodo di sei mesi nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Sono esclusi i lavoratori dipendenti che abbiano già avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti l’assunzione presso il medesimo datore di lavoro.

L’esonero è riconosciuto anche nei casi di trasformazione di contratti di lavoro a termine in contratti a tempo indeterminato.

Analogo esonero contributivo viene previsto nei settori del turismo e degli stabilimenti balneari, anche se sino a un massimo di tre mesi, per le assunzioni a termine o con contratto di lavoro stagionale.

Sempre al fine di sostenere l’occupazione rimuovendo ostacoli che potrebbero limitarla, viene stabilito che i contratti di lavoro a tempo determinato possono essere prorogati o rinnovati, senza alcun obbligo di causale, entro la fine dell’anno per una sola volta e per una durata massima di 12 mesi, ferma la durata massima di 24 mesi complessivi. Questo vuol dire che entro la scadenza del 31 dicembre è possibile sottoscrivere l’accordo di proroga o il rinnovo, ma il contratto rinnovato o prorogato può proseguire anche oltre tale scadenza, fino a un massimo di ulteriori 12 mesi, senza superare i 24 complessivi.

Anche se la norma non cita espressamente la somministrazione di manodopera, non ci sono dubbi sul fatto che anche i rapporti a termine collegati a tale fattispecie siano interessati dalla novità.

Viene inoltre abrogata la norma contenuta nella Legge n. 77/2020, di conversione del Decreto n. 34/2020, che imponeva dal 19 luglio la proroga automatica obbligatoria dei rapporti a termine e di somministrazione, in caso di ricorso alla Cassa Covid-19. Da applaudire la retromarcia, anche se i “danni” di una norma ingiusta rimangono comunque in vigore tra il 19 luglio e il 15 agosto 2020 (non essendo l’abrogazione retroattiva).

Al Capo II (Disposizioni in materia di coesione territoriale), il nuovo Decreto introduce un’ulteriore misura in materia di lavoro a favore dei datori con sedi nelle regioni Umbria, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. È infatti prevista una specifica agevolazione contributiva del 30% (“decontribuzione Sud”) da fruire per un periodo massimo di tre mesi, da ottobre a dicembre 2020. L’agevolazione riguarda tutti i lavoratori dipendenti in forza (esclusi quelli agricoli e domestici) e non solo i neo assunti nell’arco dei tre mesi. Occorrerà chiarire come si combina questa previsione con quella degli sgravi contributivi di sei mesi per i nuovi assunti, valida invece su tutto il territorio nazionale, anche se, in ogni caso, per la decontribuzione Sud bisognerà attendere il via libera della Commissione Europea. 

In materia fiscale, di estremo interesse l’ulteriore  rateizzazione dei versamenti sospesi. I versamenti degli F24 bloccati durante il lockdown (scadenti il 16/3, il 16/4 e il 16/5) potranno essere effettuati, senza sanzioni e senza interessi, per un importo pari al 50% delle somme oggetto di sospensione, in unica soluzione entro il 16 settembre p.v. o, mediante rateazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo con il versamento della prima rata entro il 16 settembre p.v.. Il restante 50% delle somme dovute potrà essere effettuato, senza sanzioni e senza interessi, mediante rateazione fino a un massimo di 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 gennaio 2021.

Ancora: per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, dovuto entro il prossimo 30 novembre, è prorogato al 30 aprile 2021, a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Infine, risorse anche a favore del Welfare Aziendale: per il periodo d’imposta 2020 l’importo del valore dei beni ceduti e dei servizi erogati dai datori di lavoro ai lavoratori dipendenti, che non concorre alla formazione del reddito in base all’art. 51, comma 3, del TUIR, è elevato dagli attuali 258,23 a 516,46 euro.

Abbiamo più volte scritto che in base alla predetta disposizione i datori di lavoro possono riconoscere ai dipendenti, anche ad personam, beni e servizi di qualsiasi genere (tipicamente buoni spesa, buoni benzina, card ecc.), senza doverne assoggettare il valore a tasse e contributi fino alla soglia annua indicata. Superata la soglia, tutto il valore concorre a formare il reddito di lavoro dipendente.

È presumibile che il legislatore sia intervenuto in questo ambito sia per favorire l’introduzione di nuovi piani di welfare aziendale, sia per offrire maggior opportunità/vantaggi ai dipendenti delle aziende che hanno già piani di welfare fruibili nel corso del 2020 o che, quest’anno, stanno consentendo la conversione in welfare del premio di risultato maturato in precedenza. In questo caso i datori di lavoro potranno pertanto attivarsi per aggiornare i regolamenti aziendali o gli accordi sindacali su cui si fondano i piani welfare in essere, nonché i limiti di utilizzo gestiti dalle piattaforme informatiche eventualmente utilizzate per la gestione degli stessi. Anche se, per ora, limitatamente all’anno 2020.

Claudio Della Monica 
Consulente del Lavoro esperto Welfare Index PMI

Responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da Covid-19

Secondo l’art. 29 bis delle recente Legge n. 40 del 5 giugno 2020, se il lavoratore dipendente che ha ripreso l’attività lavorativa contrae il coronavirus il datore di lavoro non è responsabile se dimostra di aver applicato il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali. 

Ma quale la ragione di questa disposizione ?

L’art. 42 della Legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del Decreto cd “Cura Italia”, ha classificato il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro e non come malattia, portando con sé tutta una serie di conseguenze.

Se infatti viene accertato che l’infortunio subito dal dipendente è colpa del datore di lavoro, quest’ultimo potrebbe essere chiamato a risponderne sia penalmente che civilmente, sulla base del precetto generale contenuto nell’art. 2087 del Codice Civile secondo cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”

Di fronte all’estrema preoccupazione del mondo imprenditoriale, specie in questo difficile momento di ripartenza delle attività produttive, di essere quasi sempre chiamati a rispondere dei contagi da Covid-19 contratti dai dipendenti in mancanza di una specifica disposizione che prescriva cosa fare per evitare una tale evenienza, il Legislatore ha così stabilito che “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’art. 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali.” In altre parole, solo qualora il Protocollo non venga rispettato e il lavoratore dipendente si ammali il datore di lavoro potrebbe risponderne sia penalmente che civilmente, subendo altresì l’azione di regresso dell’Inail che ha indennizzato l’infortunio.

Ma cosa prescrive il protocollo ?

Il Protocollo contiene una serie di raccomandazioni sia per i datori di lavoro che per i lavoratori: in particolare, l’informazione obbligatoria a favore di questi ultimi; le modalità di accesso alla sede di lavoro; il rispetto dell’igiene in azienda; la gestione degli spazi comuni; la regolamentazione degli spostamenti all’interno dei locali aziendali; il trattamento di un caso sintomatico che si verifichi sul luogo di lavoro; infine, tratta l’essenziale ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e del medico competente aziendale. Quest’ultimo, in particolare, analizzata la situazione, può proporre l’adozione di specifici strumenti diagnostici per contenere la diffusione del virus e per tutelare la salute dei lavoratori. 

Claudio Della Monica 
Consulente del Lavoro esperto Welfare Index PMI

Polizze contro il rischio Covid-19 per i lavoratori: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate tende la mano ai datori di lavoro che intendono sostenere il proprio personale dipendente in questi difficili momenti di emergenza sanitaria.

I premi relativi alle polizze stipulate dal datore di lavoro a copertura del rischio di contrarre il Covid-19 da parte del personale dipendente sono esenti da tassazione fiscale e previdenziale.

Con Circolare n. 11/E del 6 maggio 2020, l’Agenzia delle Entrate risponde al quesito se nell’ambito di applicazione dell’art. 51, comma 2, lettera f-quater) del T.U.I.R., che prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente dei contributi e dei premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, possano essere ricompresi anche i premi versati dal datore di lavoro a seguito della stipula di polizze a copertura del rischio di contrarre il Covid-19. 

In particolare, se detti premi siano ricompresi nell’ambito delle polizze «aventi per oggetto il rischio di gravi patologie» di cui alla citata lettera f-quater).

Secondo l’Agenzia, in considerazione del fatto che la Organizzazione Mondiale di Sanità, il 30 gennaio 2020, ha dichiarato l’epidemia da COVID-19 una emergenza di sanità pubblica di carattere internazionale, i premi versati dal datore di lavoro in favore della generalità o di categorie di dipendenti, a seguito della stipula di polizze a copertura del rischio di contrarre il COVID-19, possano rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 51, comma 2, lettera f-quater), del T.U.I.R. e pertanto non concorrono alla formazione del reddito imponibile da lavoro dipendente dei lavoratori interessati.

 

Claudio Della Monica 
Consulente del Lavoro esperto Welfare Index PMI

Come funziona la proroga della Cassa Integrazione Covid-19?

Il prolungarsi dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 che continua a colpire tutto il mondo e in particolare il nostro Paese si è trasformata anche in emergenza economica, tanto da costringere il Governo a varare nuovi provvedimenti tra cui l’ultimo in ordine di tempo il Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, che prevede misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali a favore delle famiglie.

Tra le novità più importanti in materia di lavoro, l’estensione della cassa integrazione guadagni a favore dei dipendenti dei datori di lavoro colpiti dalla crisi economica. Costoro possono ricorrere alla cassa integrazione con causale Covid-19 per una durata massima di 14 settimane relativamente al periodo dal 23 febbraio al 31 agosto 2020, anche se solo dopo aver esaurito le prime 9 settimane potranno ottenere ulteriori 5 settimane. Esaurite le 14 settimane, dal 1° settembre al 31 ottobre è possibile richiedere, con una nuova procedura, ulteriori 4 settimane di indennità.

Per i settori del turismo, fiere, congressi, spettacolo, particolarmente colpiti dalla crisi, le ultime 4 settimane si possono utilizzare anche prima del 1° settembre.

I datori di lavoro soggetti alla Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) o al Fondo Integrazione salariale (FIS) con sede nelle le ex “zone rosse” (primi comuni colpiti dall’emergenza nella zona del lodigiano oltre al comune di Vò, in Veneto) hanno comunque diritto a 3 mesi in più di trattamento che si sommano alle prime 9 settimane

Invece, i datori di lavoro soggetti alla Cassa Integrazione in deroga (CIGD) hanno diritto a 1 mese in più di trattamento che si sommano alle prime 9 settimane, se aventi sede nelle regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

Contro i ritardi verificatisi in questi mesi nell’erogazione della cassa integrazione con pagamento diretto da parte dell’Inps, a partire dalle richieste decorrenti dal prossimo 18 giugno l’Istituto potrà anticipare il 40% dell’indennità entro un mese dal ricevimento delle domande.

Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga (CIGD), l’Inps diventa finalmente il soggetto responsabile al posto delle Regioni, ferme restando le specificità delle province autonome di Trento e Bolzano e il completamento delle autorizzazioni delle prime 9 settimane di trattamento che restano comunque in capo alle Regioni stesse. 

Viene inoltre ampliata la platea dei dipendenti neo assunti che possono accedere agli ammortizzatori sociali, che devono risultare alle dipendenze dei datori di lavoro alla data del 25 marzo 2020.

Infine, viene reintrodotto l’obbligo per i datori di lavoro di svolgere la procedura di informazione,  consultazione ed esame congiunto con le organizzazioni sindacali, anche in via telematica, entro i 3 giorni successivi a quello della comunicazione preventiva: obbligo che era stato introdotto con il DL n. 18/2020 (Cura Italia), cancellato con le legge di conversione, è stato ora nuovamente reintrodotto.

A fronte dell’estensione del ricorso alla cassa integrazione, si amplia il periodo entro il quale sono vietati i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e quelli collettivi e sono sospese le procedure in corso, che viene ora portato sino a tutto il 17 agosto 2020.

Con l’obiettivo di sostenere lavoratori e famiglie, raddoppiano i congedi parentali e i permessi Covid-19 nonché i bonus baby sitter. Salgono infatti a 30 giorni il periodo di congedo parentale Covid-19 di cui possono fruire i genitori lavoratori dipendenti del settore privato per i figli di età non superiore ai 12 anni, per il quale è riconosciuta una indennità pari al 50% della retribuzione. I 30 giorni potranno ora essere fruiti dal 5 marzo fino al 31 luglio. 

Per i mesi di maggio e giugno 2020 sono inoltre aumentati di ulteriori 12 giornate i permessi retribuiti per i lavoratori disabili o per i lavoratori che assistono disabili ex art. 33 legge 104/92.

Fino al 31 luglio 2020 per i dipendenti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, nonché per i lavoratori immunodepressi, il periodo di assenza dal lavoro è equiparato al ricovero ospedaliero.

Si rafforza il bonus baby sitter che raddoppia da 600 a 1.200 euro. La somma potrà essere utilizzata direttamente dal richiedente per l’iscrizione ai servizi integrativi per la prima istanza, inclusi i cosiddetti centri estivi (in questo caso il bonus baby sitter è incompatibile con il bonus asilo nido). 

Viene introdotto un vero e proprio diritto alla smart working: fino alla data di cessazione dello stato di emergenza, i genitori lavoratori dipendenti che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.

Per l’anno 2020 i lavoratori dipendenti continuano ad avere il diritto sia al bonus Renzi che alle detrazioni di reddito di lavoro dipendente originariamente spettanti, anche se teoricamente non più dovuti per effetto delle misure a sostegno del reddito. In altre parole, la norma neutralizza gli effetti penalizzanti derivanti dal ricorso alla cassa integrazione, nonché dal riconoscimento dei congedi Covid-19.

Sono altresì sospesi sino al 31 agosto i pignoramenti sugli stipendi effettuati dall’agente per la riscossione.

Infine: si riconosce un’indennità, pari a 500 euro mensili, per i mesi di aprile e maggio 2020, in favore dei lavoratori domestici che al 23 febbraio 2020 avevano in essere uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali, a condizione che non siano conviventi con la famiglia ove prestano servizio.

Molte misure anche per sostenere i datori di lavoro. Oltre all’estensione della cassa integrazione guadagni, sono prorogati al 16 settembre il versamento di imposte e contribuiti già sospesi per i mesi di marzo, aprile, maggio con pagamento in unica rata oppure in quattro rate.

Non sono dovuti il saldo 2019 e l’acconto 2020 dell’Irap. Sono previsti contributi a fondo perduto per imprese e lavoratori autonomi che hanno avuto un significativo calo di fatturato. In particolare spettano a condizione che i ricavi/compensi del 2019 non siano superiori a 5 milioni di euro e che l’ammontare di fatturato/corrispettivi di aprile 2020 sia inferiore ai 2/3 rispetto a quello di aprile 2019. L’ammontare è calcolato applicando diverse percentuali alla differenza tra il fatturato di aprile 2020 e aprile 2019, in funzione dei ricavi/compensi. Per i soggetti con ricavi/compensi 2019 non superiori a 400.000,00 euro spetta il 20% della suddetta differenza; per i soggetti con ricavi/compensi compresi tra 400.000,00 e 1 milione di euro la percentuale è del 15%; per i soggetti tra 1 e 5 milioni di euro, scende al 10%. E’ comunque previsto un contributo minimo, pari a 1.000,00 euro, per ditte individuali e lavoratori autonomi; 2.000,00 euro per le imprese.

Ancora: sono previsti finanziamenti da parte dell’Inail alle imprese che acquistano apparecchiature e attrezzature per favorire il distanziamento sociale, per la sanificazione dei luoghi di lavoro, sistemi e strumentazione per il controllo degli accessi nei luoghi di lavoro utili a rilevare gli indicatori di un possibile stato di contagio, nonché dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale. L’importo massimo concedibile è pari a 15.000,00 euro per le imprese fino a 9 dipendenti, 50.000,00 euro per le imprese da 10 a 50 dipendenti e 100.000,00 euro oltre i 50.

Ai datori di lavoro esercenti attività in luoghi aperti al pubblico è riconosciuto un credito d’imposta per il 2021 in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020, fino a un massimo di 80.000,00 euro, in relazione agli  interventi necessari per far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento del Covid-19, ivi compresi quelli  edilizi necessari per il  rifacimento di spogliatoi e mense, per la realizzazione di spazi medici, ingressi e spazi comuni, per l’acquisto di arredi di sicurezza. Il credito spetta anche in relazione agli investimenti in attività innovative, quali lo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa, nonché per l’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti e degli utenti.

A tutti i datori di lavoro spetta altresì un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 fino a un massimo di 60.000,00 euro per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.

Si segnala infine la possibilità, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza, di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, senza obbligo di causale anche se superano i primi 12 mesi.

Claudio Della Monica 
Consulente del Lavoro esperto Welfare Index PMI

Il Welfare State al tempo del Covid-19

Mai come in questi giorni si avverte necessaria la presenza dello Stato. Tra gli obiettivi del Welfare State troviamo certamente quello di dare sicurezza agli individui e alle famiglie in presenza di eventi naturali ed economici sfavorevoli.

L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 che sta duramente colpendo il nostro Paese ha imposto e imporrà interventi normativi atti a potenziare il Sistema sanitario nazionale, la Protezione civile e gli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza; a dare sostegno alle famiglie e ai lavoratori per la difesa del lavoro e del reddito; a supportare il credito per famiglie e imprese tramite il sistema bancario; a sospendere gli obblighi di versamento per tributi e contributi nonché di altri adempimenti fiscali.

Gli interventi a favore delle famiglie si sostanziano nell’introduzione di congedi parentali (cd. “Covid-19”) e permessi ex L. 104/92 a favore dei disabili, aggiuntivi rispetto agli ordinari, nonché dei cd. bonus “baby-sitting”. Sono inoltre previsti, a favore dei lavoratori dipendenti, specifici ammortizzatori sociali “Covid-19”. In particolare, per quanto riguarda i congedi Covid-19 a favore dei lavoratori dipendenti, trattasi della concessione straordinaria di massimo 15 giorni complessivi fruibili, in modalità alternativa, da uno solo dei genitori per nucleo familiare, per periodi che decorrono dal 5 marzo al 4 maggio 2020.

I beneficiari sono:

– i genitori con figli fino a 12 anni di età, a cui è riconosciuta un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione nonché la contribuzione figurativa;
– i genitori con figli dai 12 ai 16 anni, che possono assentarsi dal lavoro per il medesimo periodo (15 giorni) senza alcuna indennità e senza copertura figurativa;
– i genitori di figli con handicap in situazione di gravità senza limiti di età, purché iscritti a scuole di ogni ordine grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale, cui anche in questo caso è riconosciuta un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione e la contribuzione figurativa;
– i genitori che hanno esaurito la fruizione massima individuale e di coppia prevista dalla normativa che disciplina i congedi parentali ordinari, con gli indennizzi previsti a seconda dell’età del figlio per il quale richiedono il congedo Covid-19.

I congedi Covid-19 non sono fruibili se l’altro genitore è disoccupato/non lavoratore o usufruisce di strumenti di sostegno al reddito.

Per quanto concerne i permessi ex L. 104/92 è previsto un incremento delle giornate riconosciute e retribuite. Infatti, in aggiunta ai 3 giorni mensili già previsti dalla legge n. 104/92 (3 per il mese di marzo e 3 per il mese di aprile) è possibile fruire di ulteriori 12 giorni complessivi per i mesi di marzo e aprile. Il bonus baby-sitting, alternativo rispetto al congedo Covid-19, consiste invece nella fruizione di un bonus di 600,00 euro a famiglia per le prestazioni effettuate da terzi nei periodi di chiusura scolastica. Spetta ai genitori di figli di età inferiore a 12 anni alla data del 5 marzo 2020, anche in caso di adozione e affido preadottivo, nonché – oltre il limite d’età di 12 anni – in presenza di figli con handicap in situazione di gravità, purché iscritti a scuole di ogni ordine grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.

Per quanto riguarda le misure a sostegno dell’occupazione e del reddito dei lavoratori dipendenti, è previsto da parte dei datori di lavoro il ricorso straordinario ed esteso agli istituti della cassa integrazione ordinaria, dell’assegno ordinario e della cassa integrazione in deroga, nei casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per un periodo massimo di 9 settimane decorrenti dal 23 febbraio e fino al 31 agosto 2020 (per la cassa in deroga fino al termine del periodo di emergenza fissato al 31 luglio). Per le regioni Lombardia, Veneto e Emilia e per i comuni delle ex “zone rosse” sono previste norme speciali.

La domanda di cassa integrazione ordinaria con causale “COVID-19 nazionale” può essere sostanzialmente richiesta dalle Aziende inquadrate dall’Inps nel settore industria. L’assegno ordinario può essere invece richiesto dai datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà, ove esistenti, e del Fondo di integrazione salariale (FIS), per quest’ultimo tipicamente Aziende e lavoratori autonomi dei settori commercio, terziario, turismo con più di cinque dipendenti.
Alla cassa integrazione in deroga possono accedere i datori di lavoro esclusi dagli altri ammortizzatori. Mentre la domanda di cassa integrazione ordinaria e quella per l’assegno ordinario devono essere inoltrate direttamente all’Inps, quella di cassa in deroga va presentata alla regione competente per territorio che, dopo averla autorizzata, la inoltra a sua volta all’Istituto previdenziale.

Sono previste numerose agevolazioni per favorire la massima fruizione delle integrazioni salariali, eliminando o riducendo le diverse condizioni che normalmente sono richieste per accedervi (no pagamento di contributi addizionali, no computo delle settimane massime di cassa usufruibili, no limiti del numero di ore di cassa rispetto alle ore lavorabili, no pre-requisito dei 90 giorni di effettivo lavoro da parte dei lavoratori beneficiari).

In caso di cassa integrazione ordinaria o assegno ordinario il datore di lavoro può optare tra anticipare l’indennità di cassa ai dipendenti e successivamente recuperare l’importo detraendolo dai contributi Inps dovuti; oppure chiedere all’Istituto previdenziale il pagamento diretto ai lavoratori. Per la cassa in deroga è previsto solo il pagamento diretto da parte dell’Inps. Per ovviare al ritardo dei pagamenti diretti, i lavoratori possono chiedere al proprio istituto bancario una somma massima di 1.400,00 euro quale anticipazione dell’indennità.

Claudio Della Monica
Esperto Welfare Index PMI

CORONAVIRUS: dati, misure e informazioni utili dalle fonti ufficiali e affidabili

CORONAVIRUS: DATI, MISURE E INFORMAZIONI UTILI DALLE FONTI UFFICIALI E AFFIDABILI

Dove trovare:

Le misure adottate finora in Italia.

In questa pagina della Protezione Civile sono disponibili tutti i provvedimenti relativi all’emergenza Coronavirus emanati dal Governo, dal Dipartimento della Protezione Civile e dal Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Qui il link della Potezione Civile.

 

I testi dei provvedimenti del governo.

Qui i testi del Governo.

 

Autodichiarazione per gli spostamenti.

Qui i nuovi modelli.

 

Numero ufficiale della situazione dei contagi in Italia.

Il sito della Protezione Civile – ogni giorno alle 18 fa il punto della situazione – e ha una sezione dedicata all’emergenza con FAQ,
video, comunicati e mappa interattiva della diffusione del contagio. Qui il sito della Protezione Civile con il numero di contagi.

 

La mappa dei contagi.

La mappa sulla diffusione dei contagi a cura della Protezione Civile nel paese e per provincia che viene aggiornata ogni giorno alle 18. Qui la mappa sulla diffusione del virus. 

Lo smart working oltre l’emergenza: i vantaggi per le PMI e le persone

Lo smart working si è rivelato uno strumento utile per fronteggiare questa emergenza: ha permesso alle imprese soprattutto piccole e medie di continuare ad essere operative e di preservare la salute delle persone.

Qui l’articolo del nostro Esperto Claudio Della Monica che spiega i vantaggi dello smart working per le PMI e le persone, commentando l’iniziativa di smart working di Welcome Italia, Welfare champion 2019.

È la necessità che aguzza l’ingegno che tradotto vuol dire che è il bisogno di qualcosa che costringe l’essere umano a ingegnarsi per trovare nuove soluzioni e per promuovere innovazione.

Ebbene, l’iniziativa dello smart working in Welcome Italia è nata proprio da un’esigenza reale contestualmente all’apertura della seconda sede: i dipendenti di uno stesso reparto, dislocati in due sedi diverse, dovevano condividere progetti a distanza. Questo ha rapidamente spianato la strada verso lo smart working (“lavorare su due sedi o in smart working è la stessa cosa”), cui si è giunti dopo che Welcome Italia ha adeguato la propria organizzazione alla nuova modalità di lavoro. Cosa che, è doveroso dirlo, comporta un significativo cambio di passo soprattutto a livello manageriale e di investimenti tecnologici.

Come nei piani di Welfare Aziendale, un piano di di smart working è un classico esempio virtuoso di win-win-win, perchè vincono sia il dipendente, che l’azienda che la collettività.

Il dipendente migliora la conciliazione vita privata /lavoro, avendo più tempo per se stesso e per la propria famiglia; non deve sostenere lo stress e i costi di spostamento casa-sede di lavoro; di conseguenza migliora notevolmente la sua produttività ed efficienza.

L’azienda nel breve risparmia su straordinari e buoni pasto, occorrendo meno spazi risparmia altresì sui costi di affitto, di riscaldamento, di corrente, sulle pulizie degli ambienti di lavoro ecc.; beneficia inoltre dell’aumento di produttività ed efficienza degli smart workers; nel lungo i vantaggi sono ancora più evidenti, in termini di cambio manageriale, con un passaggio graduale a un modello di gestione delle risorse umane incentrato su autonomia, responsabilizzazione, pianificazione, collaborazione e condivisione; in termini di competitività aziendale grazie un un significativo aumento della redditività del lavoro; in termini di engagement delle figure professionali di primo piano nel mercato di riferimento.

La collettività ha benefici legati alla riduzione dell’inquinamento e del traffico grazie ai ridotti spostamenti casa-sede di lavoro; alla diminuzione delle malattie da stress lavoro correlato; alla miglior assistenza agli anziani e ai bambini; alla maggiore possibilità di inserimento di soggetti diversamente abili.

Un’ultima annotazione sulla diffusione dello smart working che sino ad oggi non ha trovato molti proseliti specie nella piccola e media azienda. Il vero problema sta nel fatto che esso comporta una profonda rivoluzione culturale imponendo la revisione dei processi organizzativi, la formazione, la valutazione dei dipendenti, il superamento delle diffidenze del management e dei lavoratori. Chiede un grande investimento tecnologico, nonché su un modello di leadership e di organizzazione basato non sul lavoro in presenza ma sui risultati. Da qui una piccola rivoluzione nei sistemi di gestione del personale, per la quale molte imprese non sono preparate.

Ma abbiamo detto che è la necessità che aguzza l’ingegno: l’epidemia da coronavirus di questi giorni ha acceso i riflettori sullo smart working per ovviare ai divieti imposti dall’emergenza e ai rischi connessi. Diverse aziende, pur di non chiudere i battenti lasciando a casa i propri dipendenti, hanno scelto di “provare” lo smart working, opportunamente semplificato dal Governo. E’ così che una bruttissima minaccia si trasforma in opportunità, il Covid-19 potrebbe accelerare un’evoluzione che altrimenti sarebbe stata molto più lenta.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Al via la 5° edizione di Welfare Index PMI 2020

Per imprenditori e professionisti: assessment gratuito e nuovi servizi per aumentare conoscenza e diffusione del welfare aziendale.

L’indagine sullo stato del welfare nelle PMI Italiane punta quest’anno ad analizzare oltre 5 mila imprese.

Diffondere la cultura del welfare aziendale per incentivare tra le piccole e medie imprese l’utilizzo di buone pratiche di welfare: è l’obiettivo di “Welfare Index PMI 2020” promosso da Generali Italia con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e da quest’anno con l’ingresso di Confcommercio, il progetto ha raggiunto la totalità delle maggiori confederazioni italiane.

Prende il via la quinta edizione dell’indagine sul welfare aziendale rivolta alle PMI da 6 fino a 1.000 addetti di ogni settore – agricoltura, industria, artigianato, commercio e servizi, studi e servizi professionali e terzo settore – e tutte le dimensioni aziendali.

Welfare Index PMI per gli imprenditori e i professionisti

A partire da questa edizione, Welfare Index PMI offrirà nuovi servizi per aumentare la conoscenza e la diffusione del welfare nelle PMI:

Welfare Assessment: un servizio personalizzato, gratuito e riservato per valutare il proprio livello di welfare su www.welfareindexpmi.it, portale informativo sulle novità del welfare aziendale: normativa e vantaggi fiscali e valorizzazione delle Best practice delle imprese Welfare Champion. All’interno anche la Rubrica Guida Pratica al welfare aziendale per agevolare le imprese all’attuazione delle iniziative di welfare.

Welfare Rating: l’indice che distribuisce le aziende in 5 classi con un valore crescente da 1W a 5W. L’obiettivo è permettere alle imprese di conoscere il proprio livello di welfare e comunicarlo in modo immediatamente riconoscibile, facendo dell’impegno nel welfare un vantaggio competitivo.

Per accedere ai due servizi compila il questionario.

Welfare Index PMI per il Paese

L’Osservatorio sull’evoluzione del welfare nelle PMI italiane prevede quest’anno una nuova sezione nel Rapporto e il potenziamento delle analisi regionali e territoriali al fine di fornire una visione dettagliata del welfare per area geografica e tipo di iniziativa. Tra le novità anche un nuovo modello di misurazione dell’impatto del welfare sul business aziendale.

Come per le precedenti edizioni, le imprese con le migliori pratiche di welfare saranno premiate nell’evento conclusivo di giugno 2020 e sarà assegnato il Welfare Rating, che raggruppa le aziende in 5 classi con un valore crescente da 1W a 5W. Lo scopo è di permettere alle imprese di conoscere il proprio livello di welfare e comunicarlo in modo immediatamente riconoscibile, facendo diventare l’impegno nel welfare un vantaggio competitivo.

Partecipa alla ricerca → compila il questionario

Il Circolo virtuoso del welfare aziendale

Già nelle precedenti edizioni del rapporto abbiamo osservato la stretta relazione esistente tra la conoscenza che le imprese hanno del welfare aziendale, a partire dalla sua normativa, e l’ampiezza delle iniziative attuate; e tra l’ampiezza delle iniziative e il gradimento dei lavoratori (soprattutto se le politiche di welfare sono gestite coinvolgendo la popolazione aziendale). Abbiamo inoltre osservato che le imprese più attive e coerenti nelle politiche di welfare ottengono impatti positivi sulla produttività e in generale sui risultati aziendali. Infine, un fattore critico per la possibilità delle piccole imprese di attuare iniziative di welfare in modo efficiente è il supporto che queste possono ricevere dalle associazioni e da servizi comuni, alleandosi con altre imprese.

Abbiamo definito la correlazione tra questi fattori il circolo virtuoso del welfare aziendale.

Nella figura 35 lo rappresentiamo sinteticamente, evidenziando come in tutti i fattori sia in corso un trend di miglioramento, in alcuni casi molto sostenuto. La conoscenza è un fattore determinante. Per le imprese non si tratta solo di acquisire le necessarie informazioni normative e tecniche sul welfare aziendale, ma anche di possedere le competenze professionali necessarie alla gestione delle iniziative. E questo è particolarmente difficile per le imprese di minori dimensioni, normalmente prive di risorse dedicate.

 

Leggi il Rapporto 2019 completo qui.

Il commento del nostro esperto | L’iniziativa di UmbraGroup

UmbraGroup ha deciso di promuovere un piano di Welfare Aziendale a favore del proprio personale dipendente mediante ricorso ad una piattaforma informatica che consente di allocare il credito Welfare assegnato a ogni dipendente tra più servizi selezionati.

Tra questi servizi, l’iniziativa del Campus estivo a favore dei figli dei dipendenti è quella che più sta riscuotendo successo tra il personale. In questo caso, a differenza degli altri servizi offerti dalla piattaforma, UmbraGroup ha deciso di scendere direttamente in campo, facendosi parte attiva nell’individuazione di un provider esterno scelto in base alle caratteristiche dei potenziali utenti.

Ciò premesso, la fattispecie in esame rientra fiscalmente nel perimetro della lettera f-bis) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR che recita:

Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente: f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari.

Non concorrono pertanto a formare il reddito di lavoro dipendente nè le somme rimborsate ai dipendenti a fronte delle spese sostenute per l’iscrizione dei figli al campus aziendale, nè eventuali spese sostenute direttamente dal datore di lavoro per consentire l’usufruizione del servizio. Ciò in quanto l’art. 51, comma 2, lett. f-bis, a differenza della lett. f), specifica che non costituiscono reddito non solo” i servizi e le prestazioni” erogati dal datore di lavoro ma anche le “somme” (intese come rimborso di spese sostenute dai dipendenti).

Dal punto di vista aziendale, se la suddetta iniziativa di Welfare è frutto di un contratto sindacale oppure di un regolamento aziendale a carattere negoziale, le relative spese rimborsate ai dipendenti oppure sostenute direttamente dal datore di lavoro per l’iscrizione al Campus estivo sono deducibili per intero dal reddito d’impresa.

Viceversa, se l’iniziativa risulta inquadrabile tra le cd liberalità datoriali, allora le spese sono deducibili solo nella misura del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultanti a bilancio.

Leggi l’articolo dedicato alle iniziative di Welfare di UmbraGroup.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP