Salute e assistenza | Estratto dal Rapporto 2019 di Welfare Index PMI

Nel 2019 poco meno della metà delle PMI italiane, 45,7%, ha attivato iniziative di sanità integrativa e assistenza a beneficio dei propri lavoratori e in alcuni casi dei familiari. L’impegno delle imprese in quest’area è in crescita costante: nel 2016, primo anno dell’indagine, offriva questi servizi il 32,2% delle PMI, nel 2018 (terza edizione) la percentuale era salita al 42,0%.

Nell’ultimo anno, il 7,2% delle PMI hanno allargato la propria iniziativa in quest’area tramite il lancio di nuove iniziative o il potenziamento di iniziative esistenti. Resta elevata la consapevolezza dell’importanza e della valenza sociale del proprio impegno nell’area della salute e dell’assistenza: il 31,5% delle imprese considerano quest’area come prioritaria nello sviluppo del proprio sistema di welfare aziendale. Le iniziative in ambito salute e assistenza possono essere raggruppate in tre ambiti più specifici:

• la sanità complementare;
• i servizi diretti di prevenzione e di cura;
• l’assistenza ai familiari anziani, ai non autosufficienti e ai bambini.

L’ambito della sanità complementare comprende le diverse forme di sostegno alle spese sanitarie delle famiglie ed è quello su cui converge maggiormente l’iniziativa delle imprese. Attualmente il 38,6% delle PMI hanno attivato queste iniziative, in crescita rispetto alle precedenti rilevazioni: la loro quota era infatti del 35,7% nel 2018 e del 29,2% un anno prima.

Si tratta di un ambito di grande impatto sociale ed economico nel quale le imprese possono offrire un contributo importante, considerando:

• le perduranti difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale;
• l’impatto economico che le spese per la salute producono sul bilancio delle famiglie: 37,7 miliardi di Euro nel 2018, poco meno di 1.500 euro a famiglia;
• i diffusi fenomeni di rinuncia alla cura, uno dei problemi sociali più rilevanti e preoccupanti che il sistema paese si trova ad affrontare.

Gli strumenti più diffusi di contributo alle spese sanitarie si confermano i fondi sanitari di categoria istituiti dai CCNL: vi aderiscono il 25,6% delle PMI, una quota stabile rispetto alla rilevazione precedente. Pur in presenza di una forte frammentazione e di una certa disomogeneità per livelli di prestazione e meccanismi di adesione, i fondi di categoria restano un tassello fondamentale per garantire coperture sanitarie integrative ad una vasta platea di lavoratori.

Accanto ai fondi categoriali si diffondono altre soluzioni. Le polizze sanitarie collettive sottoscritte dall’impresa per i propri lavoratori raggiungono il 10,0% delle PMI, il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2016 (prima rilevazione). Il 4,3% delle imprese hanno istituito (o aderito a) fondi aziendali di secondo livello, mentre il 2,0% hanno optato per l’adesione a fondi aperti.

I servizi di prevenzione e cura sono un ambito meno sviluppato ma in progressiva crescita: il tasso di attività è passato dal 3,6% nel 2016 al 5,2% nel 2017, all’11,0% nel 2008 e infine all’11,7% nel 2019.

Le iniziative su cui le imprese concentrano i propri sforzi sono i servizi di prevenzione e check-up (5,6% delle PMI): screening ed esami di vario tipo (sangue, pap test, ECG, …) ma anche controlli generali dello stato di salute e iniziative di prevenzione. Poco meno del 2% delle PMI hanno invece attivato, in autonomia o aderendo a iniziative comuni, programmi e campagne legate alla salute e alla prevenzione, con l’obiettivo di diffondere comportamenti virtuosi nelle diverse aree di intervento: promozione dell’attività fisica, corretta nutrizione, contrasto al tabagismo e via dicendo.

Il 3,9% delle imprese si sono dotate di uno sportello medico interno, l’1,4% hanno attivato servizi sociosanitari più specifici come quelli di assistenza psicologica o di riabilitazione. Infine, il 3,4% delle PMI hanno stipulato per i propri dipendenti convenzioni con studi dentistici (si consideri che le cure odontoiatriche sono tra quelle dove si concentrano con maggiore frequenza i fenomeni di rinuncia).

Il terzo ambito, quello dell’assistenza a familiari anziani, non autosufficienti e bambini, si trova ancora in una primissima fase di sperimentazione: appena il 2,2% delle PMI hanno attivato iniziative, una quota in aumento rispetto all’1,7% dello scorso anno. In dettaglio:

• l’1,3% delle imprese offrono assistenza a familiari anziani e/o non autosufficienti, principalmente in forma di rimborsi;
• l’1,2% prevedono sostegni per le cure specialistiche per bambini e i servizi pediatrici.

Il tema della non autosufficienza è certamente uno dei più critici e problematici:

• le persone non autosufficienti o disabili in Italia sono 3,6 milioni, di cui 2,9 milioni di età superiore a 65 anni;
• si tratta di un fenomeno destinato inevitabilmente ad ampliarsi a causa dell’invecchiamento della popolazione;
• l’impatto della non autosufficienza è molto rilevante e ricade in larghissima misura sulla famiglia, come aggravio sia economico sia
personale;
• l’offerta di servizi è polverizzata, disomogenea e spesso – sul versante dei servizi residenziali – non qualificata.

Così come sul versante del sostegno alle cure sanitarie e su quello della prevenzione, le imprese possono offrire un contributo prezioso anche assicurando un supporto ai propri lavoratori alle prese con casi di non autosufficienza in famiglia: innanzitutto offrendo loro un sostegno economico, su cui peraltro incidono positivamente le agevolazioni fiscali, quindi promuovendo sistemi di servizi sul territorio.

Leggi il Rapporto 2019 completo.

Incentivi allo smart-working negli studi professionali

Lo smart-working è entrato prepotentemente negli studi professionali dove c’è uno stretto contatto tra datore di lavoro, libero professionista e propri dipendenti ed è quindi facile rendersi conto delle esigenze dei lavoratori.

Confprofessioni ha da tempo adottato varie misure per favorire lavoro agile e smart-working negli studi professionali con interventi ad hoc – commenta Gaetano Stella Presidente di Confprofessionidando ad esempio un contributo ai datori di lavoro che vogliono acquistare strutture hardware e software per favorire il lavoro a distanza“.

Guarda l’intervista:

Politiche aziendali e coinvolgimento dei lavoratori

Per quali scopi le imprese attuano iniziative di welfare?

Estratto dal Rapporto di Welfare Index PMI 2019.

Si tratta di un mix di obiettivi aziendali, tra i quali due appaiono di maggiore importanza: il miglioramento della soddisfazione dei lavoratori e del clima interno, considerato obiettivo principale nel 42% dei casi; l’incremento della produttività del lavoro, considerato principale da poco meno di un terzo delle imprese (figura 17). Nel primo caso possiamo dire che l’azienda considera il welfare principalmente come una leva di people caring, nel secondo che prevale un orientamento strategico ai risultati del business. Ma evidentemente i due obiettivi convergono: anche la gestione del clima, infatti, può essere considerato uno strumento di management per l’attuazione degli obiettivi aziendali.

Gli altri scopi sono secondari o funzionali ai due principali: il contenimento del costo del lavoro grazie ai vantaggi fiscali concessi dalla normativa del welfare, la fidelizzazione dei lavoratori (fortemente correlata alla soddisfazione), il miglioramento dell’immagine e della reputazione aziendale. L’importanza attribuita agli obiettivi del welfare aziendale è molto stabile nel tempo.

L’unica variazione significativa è una graduale crescita di importanza dell’obiettivo della produttività: a mano a mano che si consolida l’esperienza del welfare aziendale cresce anche la consapevolezza della sua concreta utilità per l’impresa. Le imprese più attive attribuiscono un’importanza superiore alla media all’obiettivo della soddisfazione dei lavoratori e del miglioramento del clima.

Fig. 17 – Obiettivi del welfare aziendale per l’impresa

La figura 19 ci permette di considerare come si differenziano gli obiettivi del welfare aziendale per settori e per classi dimensionali. L’obiettivo di migliorare la soddisfazione dei lavoratori è largamente prevalente nel terzo settore e negli studi professionali, oltre che, in generale, nelle imprese con un maggior numero di addetti. La gestione del consenso interno è una esigenza più avvertita nelle organizzazioni di maggiore dimensione. L’aumento della produttività è l’obiettivo principale soprattutto nelle imprese artigiane, e inoltre nell’industria e nell’agricoltura.

Fig. 19 – Obiettivi del welfare aziendale per settori e classi dimensionali

 

In questi anni il welfare aziendale si è affermato come uno dei temi più importanti nella negoziazione sindacale a tutti i livelli, da quella collettiva nazionale a quella integrativa, locale e aziendale. Possiamo considerare del tutto superata la barriera che sino a pochi anni fa separava il welfare complementare collettivo, oggetto dei contratti nazionali di categoria (i quali hanno istituito i fondi bilaterali per la gestione della previdenza e della sanità integrativa) dal welfare aziendale.

La normativa fiscale introdotta nel 2016, equiparando le fonti costitutive del welfare aziendale, ha favorito questa evoluzione. Le analisi dell’OCSEL, l’osservatorio CISL sulla contrattazione di secondo livello, ci aiutano a comprenderla. Confrontando il biennio 2016-17 con il precedente, il welfare è cresciuto più di ogni altro tema, divenendo la terza materia di negoziazione, in ordine di importanza, dopo il salario e gli accordi per le ristrutturazioni o la gestione di crisi. I contratti comprendenti misure di welfare sono cresciuti dal 18% al 27% del totale. Si tratta di numerose iniziative: dai servizi aziendali e le convenzioni, presenti nel 63% dei casi (spese scolastiche, mense, trasporti, facilitazioni per altre spese), ai fondi previdenziali e sanitari (49%), a miglioramenti delle norme che regolano il lavoro relativamente a congedi e permessi, genitorialità, malattie e infortuni (23% dei casi).

Questo trend è proseguito nel 2018, come indicano le informazioni diffuse dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: al 14 febbraio 2019, i contratti integrativi che prevedono misure di welfare aziendale sono il 51,3% del totale (il dato si riferisce ai contratti attivi, ovvero quelli il cui il periodo di validità comprende il mese di febbraio 2019).

La nostra indagine conferma l’accresciuta importanza del welfare aziendale negli accordi sindacali, e soprattutto indica la complementarietà che si va sviluppando tra la negoziazione e le iniziative volontarie delle imprese.

Osserviamo anzitutto l’applicazione dei contratti collettivi nazionali. Uno dei problemi principali è la comunicazione molto limitata sulle misure di welfare previste dai contratti: essa è sistematica e completa solamente nel 29,6% dei casi, del tutto assente nel 41,5%. La cura da parte dell’impresa della comunicazione sulle norme contrattuali è fondamentale per l’efficacia delle misure di welfare. Lo dimostra il fatto che la quota di imprese che comunicano di più e meglio è del 47,5% tra le più attive (in almeno sei aree del welfare aziendale), mentre scende al 14,5% tra le meno attive (fino a tre aree).

Certamente le imprese più piccole incontrano su questo aspetto maggiori difficoltà, non disponendo di strutture e competenze dedicate. Ciò
nonostante il loro impegno in questi anni è cresciuto: le imprese che comunicano sistematicamente ai lavoratori le norme contrattuali per il welfare sono il 29% nella fascia sotto i 100 addetti, contro il 41,4% delle imprese medio-grandi.

Il welfare come Progetto d’impresa, il successo nasce dall’ascolto dei dipendenti

Giunto alla sua quarta edizione, Welfare Index PMI ha intervistato quest’anno 4.561 piccole e medie imprese italiane, per un totale dal 2016 ad oggi di oltre 15.000 aziende.

Oggi 1 impresa su 2 è attiva in almeno quattro aree di welfare aziendale e sono triplicate in quattro anni le imprese molto attive (in almeno 6 aree) che oggi rappresentano il 19,6% del totale. Il vero salto è avvenuto nell’ultimo anno, con una crescita delle imprese molto attive dal 14,4% al 19,6% (+36%).

La principali evidenze del Rapporto 2019 – Welfare Index PMI, promosso da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori confederazioni italiane (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), che per il quarto anno ha analizzato il livello di welfare è che il welfare ha successo quando è un progetto d’impresa coerente e strategico che parte dall’ascolto dei dipendenti.

Il Rapporto 2019 mette in evidenza il salto di qualità intervenuto nelle imprese che hanno saputo dotarsi di politiche di welfare come progetto aziendale. Gli imprenditori che attivano una strategia coerente e prolungata nel tempo, per il benessere e la soddisfazione dei lavoratori e delle loro famiglie, dichiarano di avere un impatto positivo sulla produttività e anche sulla comunità; tra le aziende aumenta la consapevolezza che benessere sociale e risultati di business crescono di pari passo.

Welfare Index PMI ha monitorato le iniziative di welfare delle imprese, di tutti i settori produttivi e di tutte le classi dimensionali, in dodici aree: previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita-lavoro, sostegno economico, formazione, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità.

Il welfare aziendale in questi anni è riuscito a superare i suoi abituali confini, diffondendosi anche alle piccole imprese. Ovviamente le più grandi restano avvantaggiate, con una quota di imprese molto attive del 71%, ben superiore a tutti gli altri segmenti. Ma nelle imprese di piccola e media dimensione la crescita è stata particolarmente veloce, e in questi tre anni la quota delle molto attive è più che raddoppiata.

Le imprese artigiane sono vicine alle esigenze dei propri dipendenti

L’intervista a Cesare Fumagalli, Segretario Generali di Confartigianato Imprese.

Il settore dell’artigianato si caratterizza in generale per le piccole dimensioni: datore di lavoro e dipendenti lavorano ogni giorno gomito a gomito. L’attenzione per le esigenze dei collaboratori è quindi quasi naturale in un’impresa familiare.

La capacità delle imprese artigiane – ha commentato Cesare Fumagalli – quello su cui stiamo lavorando come Confartigianato, è dare alle imprese una modalità organizzativa per creare economia di scala e consentire di poter disporre per il lavoratore di strumentazione di welfare di cui altrimenti non potrebbe fruire“.

Guarda l’intervista:

Le reti virtuose tra PMI sono uno dei fattori di successo del welfare

L’intervista a Carlo Robiglio, Presidente Piccola Industria e Vice Presidente Confindustria.

Le pmi, sopratutto le piccole e le micro imprese hanno più difficoltà ad attuare programmi di welfare – ha dichiarato Carlo Robiglio – quindi è fondamentale che si possano alleare in una rete virtuosa con altre aziende per costruire sistemi in grado di sviluppare programmi di welfare su misura per le loro esigenze.

Il welfare, infatti, sta diventando sempre più elemento strategico per le imprese, in particolare per le piccole, perché da un lato fidelizza i collaboratori e i dipendenti e dall’altro migliora e aumenta la produttività incidendo positivamente sulla competitività. Inoltre, il welfare incoraggia anche l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro perché le nuove generazioni non cercano solamente il riconoscimento del proprio ruolo lavorativo attraverso lo stipendio. Vogliono far parte di un sistema in cui possano integrarsi, crescere e sviluppare le proprie competenze e la propria professionalità. E in questa partita il welfare diventa fondamentale.”

Guarda l’intervista completa:

Telefisco 2019: tutti i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul Welfare Aziendale

Moltissimi chiarimenti sul Welfare Aziendale in occasione di Telefisco 2019, il consueto incontro annuale organizzato dalla stampa specializzata con l’Agenzia delle Entrate al fine di aiutare i professionisti a districarsi tra le recenti novità normative su cui spesso regna l’incertezza applicativa.

Crediti foto: Il Sole 24 Ore

Il primo quesito in tema Welfare aziendale a cui hanno risposto i funzionari dell’Agenzia è se il documento attestante la spesa di cui si chiede il rimborso in base all’articolo 51, comma 2, lettera f-bis, Tuir (ad esempio spese d’istruzione, centri ricreativi estivi e invernali) deve essere intestato al dipendente e/o all’avente diritto oppure può essere intestato in alternativa ad altro soggetto (ad esempio altro genitore). La risposta è negativa.

Secondo l’Agenzia, premesso che è necessario che nella documentazione comprovante l’utilizzo delle somme venga indicato il soggetto che ha fruito del servizio e la tipologia dello stesso per verificare se l’utilizzo delle somme sia coerente con le finalità indicate dalla norma, il documento di spesa deve essere intestato esclusivamente al dipendente o al soggetto che ha fruito del servizio, fermo restando che da detto documento di spesa deve sempre e comunque risultare l’indicazione del fruitore del servizio per verificare che lo stesso sia un familiare rientrante nell’articolo 12 del Tuir.

È stato poi chiesto se i pagamenti non riconducibili direttamente al dipendente (in quanto effettuati per il tramite di contanti, carte elettroniche, fatture con addebito automatico) possono formare oggetto di rimborso senza concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente. La risposta è positiva.

L’essenziale – come già precisato – che dalla documentazione attestante la spesa risulti il soggetto che ha fruito del servizio e la tipologia dello stesso.

Ancora, se possono essere richiesti a rimborso le spese d’istruzione che non danno diritto a detrazione d’imposta (ad esempio scuole non parificate; scuola di counseling; istituto tecnico superiore biennale di preparazione all’Università, corso di abilitazione ad una professione esempio Oss o Asa). La risposta anche in questo caso è positiva.

Secondo l’Agenzia, la norma presenta una formulazione piuttosto ampia, tale da ricomprendere tutte le prestazioni comunque riconducibili alle finalità educative e di istruzione, indipendentemente dalla tipologia di struttura (di natura pubblica o privata) che li eroga e a prescindere dalla sussistenza dei requisiti per poter fruire della detrazione delle spese di istruzione.

Ancora, se in caso di rimborso dell’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale a favore del dipendente o dei suoi familiari a carico vi debba essere corrispondenza tra il numero della tessera dell’abbonamento e le ricevute di pagamento (che solitamente non riportano i dati dell’avente diritto). Nella fattispecie l’Agenzia distingue tra titoli di viaggio nominativi e quelli non nominativi. Nel primo caso, sul titolo di viaggio nominativo devono sempre essere indicate la durata dell’abbonamento e la spesa sostenuta, mentre in caso di emissione o ricarica del titolo di viaggio realizzato in formato elettronico è necessario disporre di documentazione certificativa che contenga le indicazioni essenziali a qualificare il titolo di viaggio nonché ogni altra informazione utile ad individuare il servizio reso (indicazione soggetto utilizzatore, periodo di validità, spesa sostenuta e data di sostenimento della spesa).

Tali requisiti si ritengono soddisfatti anche nel caso in cui detta documentazione, pur non contenendo alcun riferimento esplicito al nominativo dell’avente diritto, sia comunque a lui riconducibile in modo univoco, ad esempio perché contenente il numero identificativo dell’abbonamento allo stesso intestato.

Quanto ai titoli di viaggio non nominativi, il titolo di viaggio andrà conservato e accompagnato da una autocertificazione da parte del dipendente ai sensi del Dpr n. 445/2000, la cui sottoscrizione può non essere autenticata se accompagnata da copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore, in cui si attesta che il titolo di viaggio è stato acquistato per se stesso o per un familiare a carico.

Infine, se si possono ricomprendere tra le spese rimborsabili anche quelle sostenute per l’assistenza svolta da un medico psicologo a favore di un familiare non autosufficiente. Anche in questo caso, la risposta dell’Agenzia è positiva.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Welfare Index PMI 2019. Il welfare aziendale fa crescere l’impresa e fa bene al Paese

Il 26 marzo 2019 a Roma, presso il Salone delle Fontane all’EUR sono stati presentati i risultati della quarta edizione del Rapporto Welfare Index PMI, l’indagine più completa sul livello di welfare aziendale nelle piccole e medie imprese italiane.

Nel 2019 le imprese Welfare Champion, che hanno ottenuto le 5 W del rating Welfare Index PMI, sono salite a 68 (più che triplicate rispetto al 2017). Si tratta delle realtà caratterizzate dal sistema di welfare più ampio (per numero di aree attivate) e che si contraddistinguono per numerosità e intensità delle iniziative, grado di coinvolgimento dei lavoratori e impegno economico e organizzativo nel welfare aziendale.

Lavanderia aziendale e spesa a portata di app, poliambulatorio con servizio infermieristico e specialistico a disposizione dei dipendenti e delle loro famiglie, orari flessibili per le mamme e i papà, sostegno alla formazione dei figli dei dipendenti. Sono alcune delle migliori iniziative di welfare premiate nel corso dell’evento, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio.

Di seguito il nome del primo classificato per ogni settore produttivo e le menzioni speciali che sono state assegnate sul palco di Welfare Index PMI 2019. Ogni settimana scopriremo da vicino la Storia di questi Welfare Champion, le imprese con il miglior welfare aziendale del nostro Paese.

Per L’INDUSTRIA, è stata premiata una Fonderia di alta precisione leader mondiale in diverse lavorazioni che ha creato un progetto di cooperazione tra aziende del territorio: la rete PoEMA – Polo Europeo Microfusioni Aerospaziale – nasce per ottimizzare il business ma anche per creare servizi di welfare condivisi ed estesi a tutti i dipendenti: mensa, asilo nido, trasporto e, recentemente, una Borsa di Studio del valore complessivo di 30 mila euro:

1. Europea Microfusioni Aerospaziali Spa di Morra De Sanctis (AV) – “Le imprese scrivono insieme un PoEma”

Per IL COMMERCIO E I SERVIZI, un progetto di welfare completo e articolato costruito con l’ascolto e il contributo dei dipendenti. Molte le iniziative, dalla flessibilità oraria (con “orario mamma” ridotto) fino alle iniziative “salvatempo”, come la lavanderia aziendale e la spesa online con consegna al lavoro. Ma anche convenzioni in ambito sanitario,

ricreativo e culturale e un programma di formazione e sviluppo manageriale:

1. Illumia Spa di Bologna – “Salva il tempo dei propri giovani”

Per L’AGRICOLTURA, in una zona con elevato tasso migratorio, l’azienda agricola calabrese Agrimad si pone come punto di riferimento del territorio. Con l’obiettivo di dare opportunità ai giovani e trasmettere la passione per il lavoro agricolo, ha attivato corsi di formazione sia per i propri collaboratori sia per i figli dei dipendenti:

1. Agrimad società agricola Srl di San Demetrio Corone (CS) – “Tramandare la conoscenza crea occupazione”

Per L’ARTIGIANATO, punto di riferimento per il mercato Bio e Vegan, produce e esporta crema splamabile di vario tipo. L’attenzione alla genitorialità e ai dipendenti con figli è al centro del progetto di welfare aziendale. Particolare attenzione alle donne e alle neo-mamme, ma anche sostegno alle spese mediche e formazione:

1. Deangelis Srl di Gallese (VT) – “La gioia di una famiglia numerosa”

Nella categoria STUDI E SERVIZI PROFESSIONALI, attivo nella consulenza del lavoro, lo studio bresciano adotta modalità evolute di lavoro agile, con un sistema collaborativo che unisce la crescita delle competenze alla responsabilizzazione dei dipendenti. Questi beneficiano di ampia flessibilità (oraria e di maternità), agevolazioni per prestazioni sanitarie, formazione con docenti di alto livello, piattaforma di flexible benefit per servizi mirati sui bisogni dei dipendenti:

1. Studio Sila Tommaso di Brescia – “Un lavoro più agile con l’ufficio in rete”

Per IL TERZO SETTORE il primo classificato è una cooperativa che si occupa di assistenza al disagio minorile e di interventi educativi per minori e famiglie problematiche. Il welfare guarda al sostegno economico dei dipendenti e alla conciliazione vita-lavoro: flessibilità organizzativa e smart-working, integrazione salariale in maternità (fino al 100% dello stipendio),

mutua integrativa e piani di formazione. è:

1. Spazio Aperto Servizi Scs Onlus di Milano – “Essere madri può essere più facile”

Inoltre, sono state assegnate sei menzioni speciali:

AGRICOLTURA SOCIALE a Azienda agricola Rondi Maria Elena di Pavia – “La felicità galoppa per tutti”

SALUTE E ASSISTENZA a Selle Royal Spa di Pozzoleone (VI) – “In sella, più sani e più felici ”

CONCILIAZIONE VITA E LAVORO a UMBRAGROUP Spa di Foligno (PG) – “Il Campus estivo per i figli dei dipendenti”

GIOVANI, FORMAZIONE, SOSTEGNO ALLA MOBILITÀ SOCIALE a Welcome Italia Spa di Massarosa (LU) – “Andare al lavoro in modo smart”.

WELFARE AL FEMMINILE a La Grande Casa Società Cooperativa Onlus di Sesto San Giovanni (MI) – “Dai retta alla mamma”.

Infine quest’anno il Premio Speciale del Comitato Guida è stato assegnato a Mazzucchelli 1849 Spa di Castiglione Olona (VA), nata come piccolo opificio e oggi leader nel suo settore, è un’azienda familiare alla sesta generazione. Nella sua lunga storia ha creato un legame indissolubile con la propria comunità, contribuendo alla costruzione di scuole, strade, abitazioni e un museo. Fiore all’occhiello è un poliambulatorio interno rivolto ai dipendenti, alle loro famiglie e ai pensionati ex-lavoratori.

Di seguito il video intervista.

I 68 Welfare Champion 2019!

Il 26 marzo 2019 a Roma, presso il Salone delle Fontane all’EUR sono stati presentati i risultati della quarta edizione del Rapporto Welfare Index PMI, l’indagine più completa sul livello di welfare aziendale nelle piccole e medie imprese italiane.

Nel 2019 le imprese Welfare Champion, che hanno ottenuto le 5 W del rating Welfare Index PMI, sono salite a 68 (più che triplicate rispetto al 2017). Si tratta delle realtà caratterizzate dal sistema di welfare più ampio (per numero di aree attivate) e che si contraddistinguono per numerosità e intensità delle iniziative, grado di coinvolgimento dei lavoratori e impegno economico e organizzativo nel welfare aziendale. Dal 2016 al 2019 le PMI molto attive sono passate dal 7,2% al 19,6%.

Ogni settimana vi racconteremo la storia di uno dei 68 Welfare Champion!