Con l’evento del 6 novembre 2023 presso la Torre Generali a Milano, nel quale abbiamo presentato il primo rapporto sul welfare aziendale in Lombardia, il progetto Welfare Index PMI è entrato in una nuova fase. Oltre a proseguire le attività di ricerca per il rapporto nazionale, che assume cadenza biennale, intendiamo promuovere il welfare aziendale con le analisi locali, incontrando le autorità regionali e le imprese del territorio. Già stiamo preparando le due prossime iniziative, all’inizio del nuovo anno, in Veneto e Toscana.
Questa evoluzione è un segno di maturità del progetto, che fa seguito alla pubblicazione, nel 2022, del position paper “Il contributo del welfare aziendale al rinnovamento del welfare italiano”.
Le esperienze che da sette anni stiamo monitorando hanno infatti acquisito un valore che supera i confini strettamente aziendali, proponendosi come contributo al rilancio dei sistemi di welfare del nostro Paese e sollecitando una partnership tra le istituzioni e le imprese. Il welfare italiano è in gran parte gestito dalle regioni e dagli enti locali, è dunque nel territorio che dobbiamo promuovere questo approccio di collaborazione e sussidiarietà.
Inoltre, la decisione di portare Welfare Index PMI nel territorio si propone lo scopo di incontrare le imprese in modo più ampio e diretto, come è accaduto con l’evento di Milano al quale hanno partecipato, con numerose altre, le 37 Welfare Champion lombarde. Una rappresentanza delle tantissime imprese di questa regione partecipanti al progetto: oltre 1.300, su un totale in Italia di 6.500.
La scelta di partire dalla Lombardia non è casuale. Infatti, le imprese lombarde sono trainanti non solo sul piano economico e produttivo, ma anche sotto il profilo sociale.
Com’è noto, Welfare Index PMI elabora un indice che misura il livello di welfare delle aziende e permette di classificarle su una scala omogenea. La Lombardia è la regione con la maggiore quota di imprese che raggiungono un livello di welfare alto o molto alto: 29%, cinque punti sopra la media italiana.
Ma il rapporto non fornisce solo indici di misurazione. Una parte significativa è l’analisi dei fattori critici di successo del welfare aziendale, e di come questi si correlino al profilo strategico delle imprese. Queste si distinguono non solo per l’ampiezza dei servizi offerti ai dipendenti ma per la capacità di gestire e valorizzare le politiche di welfare: la proattività (ovvero quanto le iniziative sono progettate autonomamente dall’azienda e non solo in esecuzione delle disposizioni contrattuali), il coinvolgimento dei lavoratori, la rilevazione dei bisogni, la verifica del gradimento e dell’utilità dei servizi adottati. Ancor più determinante è la cultura sociale dell’impresa, identificabile con l’importanza che assumono le politiche sociali e di welfare nella strategia aziendale.
Abbiamo segmentato le imprese in cinque profili, e di ognuno abbiamo misurato i risultati in termini di impatto sociale.
Il primo profilo è costituito da quelle che considerano il welfare aziendale come un fattore strategico per la sostenibilità dell’impresa: negli ultimi anni sono molto aumentate in Lombardia, raggiungendo il 18% del totale. Un secondo gruppo comprende quelle (22% del totale) che manifestano buona consapevolezza del proprio ruolo sociale, ma non hanno ancora sviluppato un’ampia gamma di iniziative. La maggioranza delle imprese (33,6%) gestiscono il welfare come una componente del sistema retributivo e premiante: il loro impegno è importante ma settoriale. Infine, le imprese che si occupano di welfare in modo marginale, per ottemperare a obblighi contrattuali e cogliere opportunità fiscali: queste sono il 26% e diminuiscono ogni anno. Ebbene, tra le imprese del primo profilo (welfare aziendale come leva strategica), 86 su cento raggiungono un livello alto o molto alto di impatto sociale, contro il 6% di quelle che gestiscono il welfare come attività marginale. Gli altri due gruppi si collocano, per impatto sociale, in una posizione mediana.
Le imprese con politiche di welfare più mature ottengono anche migliori risultati di business: produttività, redditività, crescita del fatturato e dell’occupazione. Abbiamo analizzato i bilanci 2022 di più di 500 imprese lombarde partecipanti a Welfare Index PMI, e correlato le misure di welfare con le performance economiche. Prendiamo per esempio una misura di produttività come il margine operativo lordo per addetto: è di 46 mila euro nelle imprese con livello di welfare elevato, più che doppio rispetto alle imprese a livello iniziale (18 mila euro). Quanto all’occupazione, in un periodo difficile come il triennio 2019 – 2022 essa è cresciuta mediamente del 6% nelle imprese con livello di welfare elevato, mentre in quelle a livello iniziale diminuiva dell’8%.
Chiariamolo bene: noi non sosteniamo che il welfare aziendale determini i risultati dell’impresa. Pensiamo che contribuisca a gestire l’azienda in modo lungimirante, integrando gli obiettivi e le leve tradizionali di business con gli obiettivi e le azioni che permettono di migliorare il benessere delle comunità con cui l’azienda interagisce: i lavoratori e le loro famiglie, le comunità nel territorio, le aziende dell’indotto, ovviamente gli intermediari e i clienti. E non ci stupisce che tutto ciò produca effetti positivi sui risultati aziendali.
Il welfare aziendale permette dunque di attivare un circolo virtuoso tra l’impatto sociale e i risultati economici delle imprese.
A mio avviso questo è il suo principale carattere innovativo, perché configura un modello di welfare che non si limita a distribuire risorse ma contribuisce a generarle.
Una recente ricerca di Cerved – Innovation Team stima in circa 800 miliardi la spesa complessiva di welfare pubblico e privato in Italia: per l’80% spesa pubblica, per il 17% a carico diretto delle famiglie e 3% spesa privata collettiva e aziendale. La prospettiva è chiara: in uno scenario caratterizzato dalla debolezza del PIL e dalla stagnazione dei redditi, né la spesa pubblica né quella familiare sono in grado di crescere. La componente più piccola del sistema, il welfare aziendale, è invece in grado di accrescere notevolmente il proprio contributo.
Ma non è questo l’unico apporto del welfare aziendale. Le imprese, per la vicinanza che hanno alle famiglie, sono in grado di individuarne i bisogni e sviluppare soluzioni puntuali e facilmente accessibili. Scorrete, per favore, le storie aziendali pubblicate nel sito e nei rapporti Welfare Index PMI: vi troverete una grande ricchezza di iniziative originali e innovative, basate sulla prossimità. Dunque, nel panorama del nostro sistema di welfare, il welfare aziendale è un fattore agile di innovazione dei modelli di servizio.
Ed è un fattore di equità sociale. Il fatto che una quota importante della spesa di welfare sia a carico diretto delle famiglie genera infatti sperequazioni. Prendiamo, per esempio, la spesa familiare per la salute in Lombardia: essa incide maggiormente sul bilancio delle famiglie più povere (6,7% del reddito) che sulle famiglie affluenti (3,7%). Il welfare aziendale contribuisce all’equità trasformando la spesa individuale in collettiva, trasferendola dalle famiglie alle imprese, e facendo in modo che le famiglie meno abbienti non siano escluse da prestazioni essenziali.
La Lombardia può dunque contare sul proprio robusto sistema di imprese e sul loro impegno sociale per arricchire le proprie capacità di welfare.
Sono presenti in regione 945 mila imprese, 95 ogni mille abitanti. Le PMI della fascia da 6 a 1.000 addetti, oggetto della nostra indagine, sono 109 mila. Pensate, con questa diffusione nel territorio, quale impatto sociale potrebbe avere una strategia, incoraggiata e coordinata dalle istituzioni pubbliche, di rinnovamento del sistema di welfare facendo leva sulle imprese.
Il Rapporto Lombardia 2023 inquadra le iniziative di welfare aziendale nel contesto sociale della regione. Grazie al dinamismo delle imprese, i livelli di occupazione e di mobilità sociale sono molto migliori della media italiana. Inoltre, la regione dispone di servizi di livello europeo, soprattutto nel sistema ospedaliero e in quello scolastico e universitario. Eppure, anche la Lombardia fronteggia sfide sociali che si vanno aggravando, dalla povertà alle difficoltà di inserimento per i giovani, al deperimento delle capacità di prestazione nel sistema sanitario e in quello assistenziale.
Il 35% delle imprese lombarde sono attive in ambito sanitario. Dalle nostre indagini sulle famiglie emergono due esigenze principali: da un lato rendere più accessibili le prestazioni, eliminando le barriere economiche e le liste d’attesa che limitano il diritto alla salute; dall’altro disporre di una maggiore qualità dei servizi, per ricevere un’assistenza personale e continua e non solo cura ma prevenzione. Cresce inoltre la domanda di assistenza domiciliare qualificata per gli anziani. Sono sfide che il welfare aziendale può contribuire ad affrontare in modo efficace.
Veniamo alle pari opportunità. Anche in Lombardia il gender gap resta elevato, soprattutto nelle opportunità di carriera. Ma esaminiamo l’impatto del welfare aziendale sulla presenza di donne nelle posizioni di responsabilità: la loro quota è del 25% nelle aziende a livello di welfare iniziale e sale al 38% nelle aziende con un welfare evoluto. Il welfare aziendale può dunque fare molto per l’affermazione professionale delle donne, con misure di flessibilità che favoriscano la conciliazione tra le esigenze di vita familiare e il lavoro, offrendo servizi per la cura dei figli, diffondendo culture aziendali capaci di valorizzare la diversità.
Anche in Lombardia è necessario rilanciare l’ascensore sociale per le giovani generazioni. I NEET, persone che non studiano e non lavorano, sono il 13% delle persone sotto i 30 anni; il tasso di abbandono scolastico prima del conseguimento di un diploma è del 9,9%; solo il 32% arrivano alla laurea: indici regionali migliori di quelli nazionali ma non per questo accettabili. Le aziende possono affrontare queste sfide aiutando le famiglie a sostenere il percorso di istruzione dei figli. È l’area più nuova del welfare aziendale, nella quale sono attive sinora poco più del 13% delle imprese lombarde.
Sulla previdenza integrativa si gioca una partita importante, per evitare un futuro di anziani poveri. Solo il 38% dei lavoratori in Lombardia sono iscritti ai fondi pensione integrativi, una media di poco superiore a quella nazionale. Il welfare aziendale offre soluzioni di previdenza complementare, ma può fare molto di più agendo sull’informazione per accrescere la consapevolezza previdenziale dei lavoratori e diffondendo servizi per supportare le scelte di pianificazione previdenziale.
Concludiamo col tema della fragilità sociale. Non si tratta solo della povertà, che pure è presente in Lombardia, dove 660 mila famiglie (15% del totale) sono in condizione di povertà relativa o a rischio di povertà. La vulnerabilità dipende non solo dal reddito ma anche da fattori come i figli a carico o gli anziani da assistere. L’inflazione di questi anni ha fortemente peggiorato il tenore di vita delle famiglie più vulnerabili, che per il 43% dei casi sono famiglie di lavoratori dipendenti, quindi raggiungibili dalle aziende. Possiamo pensare, anche utilizzando i fringe benefit messi a disposizione dalle recenti leggi, a una nuova generazione di politiche di sostegno sociale gestite dalle aziende in modo efficiente e non dispersivo, ovvero mirate a chi ne ha veramente bisogno?
Il Novecento ci ha lasciato in eredità valori irrinunciabili, tra questi il welfare state. Ma alcuni principi che lo organizzano sono da tempo in crisi, come l’idea che spetti alle aziende produrre ricchezza, allo stato e solo allo stato distribuirla per garantire il benessere e la coesione sociale. A quest’idea si affiancò, a partire dagli anni ’80, il paradigma della complementarietà, che affida al welfare pubblico la prestazione di servizi universali e a soluzioni private il compito di integrarli a vantaggio di chi ha maggiori possibilità. Oggi i sistemi pubblici restano fondamentali, a garanzia dei diritti di tutti; ma dobbiamo riconoscere che per motivi irreversibili, legati all’invecchiamento demografico e alle difficoltà di bilancio, il carattere universalistico delle prestazioni pubbliche si sta sgretolando, provocando l’esclusione di fatto di molti cittadini da prestazioni essenziali. A me pare che in futuro sarà sempre più necessario affidarsi a un nuovo paradigma dall’origine antica, quello della sussidiarietà, nel quale le imprese agiscono come soggetti sociali oltre che economici, aggregando le comunità e agendo in prima istanza per fornire, nel modo più efficiente, servizi essenziali per il benessere delle famiglie. Ma di tutto ciò discuteremo a lungo.
Quel che è certo è che, grazie all’iniziativa di welfare delle imprese, la Lombardia si propone come laboratorio di innovazione sociale.
di Enea Dallaglio, Partner MBS Consulting, Direttore di ricerca Welfare Index PMI