Riprendiamo l’articolo Lo smart working fa bene all’impresa e all’economia di Marco Magnani, originariamente apparto su Il Sole 24 ore del 27 febbraio 2016.
Marco Magnani è Senior Research Fellow della Harvard Kennedy School ed è membro del Comitato Guida di Welfare Index PMI.
Anche in Italia si parla con sempre maggiore frequenza di welfare aziendale. Negli Stati Uniti, dove il welfare state (stato sociale) è molto limitato, il vuoto è tradizionalmente colmato dalle imprese che offrono ai dipendenti, come parte della retribuzione e come forma d’incentivo, pacchetti di servizi e benefit. In Italia, e in gran parte d’Europa, molti di questi servizi sono storicamente offerti dallo Stato e finanziati dal prelievo fiscale.
Le cose tuttavia stanno cambiando. La necessità di contenere la spesa pubblica e la recente crisi economica stanno accelerando la diffusione del welfare aziendale in Italia: sempre più imprese offrono ai propri dipendenti pacchetti di beni e servizi gratuiti o a prezzi molto calmierati. Si va dall’auto aziendale ai contributi per la spesa di generi alimentari, dalla copertura di libri e tasse scolastiche ai viaggi studio per i figli, dall’assistenza sanitaria all’integrazione previdenziale, dalle convenzioni con gli asili al sostegno per la cura degli anziani.
Oltre a benefici “materiali”, sono sempre più diffuse anche le iniziative volte a migliorare il benessere psicofisico, la crescita personale e l’equilibrio tra vita privata e lavoro dei dipendenti. L’offerta comprende palestre aziendali, gruppi di ascolto e antistress, orari flessibili, qualità dell’ambiente di lavoro, corsi di formazione. Spesso i benefit sostituiscono un aumento dei salari con vantaggio per lavoratore e impresa: per motivi fiscali e perché il valore del contributo “in natura” è superiore a quanto il dipendente riuscirebbe ad acquistare con un aumento in busta paga.
Se ben implementata, l’introduzione del welfare aziendale a integrazione di quello pubblico, può dare vantaggi a tutte le parti coinvolte. All’impresa consente di aumentare la produttività, ripensare i modelli organizzativi, favorire la diversità, stabilire un più stretto collegamento tra retribuzione e performance. I dipendenti ottengono una migliore qualità di vita e aumentano il valore del pacchetto retributivo. Associazioni di categoria e sindacati offrono un servizio agli associati e benefici agli iscritti. La Pubblica Amministrazione può impiegare in modo più efficiente le proprie risorse. In generale, qualità di vita e ricchezza del territorio di riferimento tendono ad aumentare. E’ una win-win situation in cui potenzialmente tutti “vincono”. Rimane “scoperto” chi è senza occupazione. In questi casi il pubblico potrebbe rafforzare la propria azione, anche per facilitare il rientro nella forza lavoro.
- A livello macroeconomico il welfare aziendale può stimolare la crescita dell’economia, soprattutto a livello locale. Per almeno tre motivi.
Primo: l’aumento della domanda di welfare. Invecchiamento della popolazione, allungamento della vita lavorativa e incremento della partecipazione femminile al lavoro aumentano la domanda di servizi e di flessibilità. Inoltre, i continui cambiamenti dell’ambiente di lavoro e l’introduzione di nuove tecnologie stimolano la domanda di formazione e riqualificazione professionale. - Secondo: i limiti dell’offerta di welfare pubblico. La spesa è vincolata dall’elevato debito pubblico e molto concentrata su pensioni e sanità. Solo il 25% è infatti destinato a bisogni di sicurezza sociale, quali servizi di sostegno a famiglie, invalidi e poveri. La combinazione di aumento di domanda e fragilità dell’offerta pubblica di welfare è insostenibile. Nel 2025 si stima che in Italia il divario tra domanda e offerta di welfare sarà nell’ordine di 70 miliardi di euro.
- Terzo: gran parte delle piccole e medie imprese non ha programmi di welfare. Si tratta di un enorme bacino di crescita perché le imprese italiane fra i 10 e 250 dipendenti rappresentano oltre l’80% degli occupati del settore privato. La diffusione del welfare aziendale è una strada obbligata dai vincoli del bilancio pubblico e dai trend di aumento della domanda di servizi sociali, ma costituisce anche un’opportunità per ripensare il rapporto impresa-dipendenti e, grazie all’indotto di servizi offerti, un’occasione di crescita economica per i territori.