La realtà d’impresa dell’artigianato è caratterizzata dalla contenuta dimensione aziendale, dal forte radicamento territoriale e dal fatto che imprenditore e dipendenti lavorano gomito a gomito, sono di fatto dei colleghi di lavoro. Proprio facendo leva su queste peculiarità – spiega Cesare Fumagalli, Segretario Generale di Confartigianato – l’artigianato, per primo, ha puntato sul benessere dei propri dipendenti.
Com’è cambiata nell’ultimo periodo la fotografia dell’artigianato? Chi sono oggi gli artigiani in Italia e quanti sono gli occupati in questo settore?
L’artigianato è un mondo molto vasto, in grande trasformazione, presente in tutti i settori della manifattura e dei servizi, popolato da centinaia di attività, molto diverse tra loro, da quelle legate alla storia e alla cultura del nostro Paese, alle più innovative e proiettate nel futuro. Dall’agroalimentare alle biotecnologie, dalla metalmeccanica alla moda, dall’arredamento all’edilizia, dal trasporto di merci e persone al restauro di opere d’arte, dall’installazione di impianti, all’hi-tech l’artigianato è protagonista dei primati internazionali delle produzioni made in Italy.
Su 1.343.000 imprese artigiane, che danno lavoro a 2.824.000 addetti, quelle guidate da giovani under 35 sono l’11,6%, quelle a conduzione femminile rappresentano il 16%, e le aziende con titolari stranieri sono il 13,2%.
L’artigianato è ben radicato ovunque nei territori italiani: se il Nord Ovest conta 422mila aziende, il Nord Est ne vanta 315mila. Si scende a 272mila nel Centro Italia per attestarsi a 334mila nel Mezzogiorno.
La Lombardia è la regione con la maggior concentrazione di imprese artigiane: 251mila, seguita da Veneto ed Emilia Romagna, entrambe con 131mila imprese.
Qual è la dimensione media di un’impresa artigiana?
La dimensione media è pari a 2,5 addetti per impresa.
Quali sono le caratteristiche specifiche del settore dell’artigianato di cui tenere conto anche nei servizi di welfare?
La realtà d’impresa dell’artigianato è caratterizzata dalla contenuta dimensione aziendale, dal forte radicamento territoriale e dal fatto che imprenditore e dipendenti lavorano gomito a gomito, sono di fatto dei colleghi di lavoro. Proprio facendo leva su queste peculiarità, l’artigianato, per primo, ha puntato sul benessere dei propri dipendenti attraverso un welfare fondato sulla bilateralità. Abbiamo creato una strumentazione di tipo partecipativo, avviando esperienze all’insegna della sussidiarietà, del mutualismo, del protagonismo delle parti sociali. Mi riferisco al sistema degli Enti bilaterali, strumento peculiare dell’artigianato, nato 30 anni fa ed espressione di una cultura condivisa tra le parti sociali per la gestione delle relazioni sindacali, del sostegno al reddito, della formazione, del mercato del lavoro, del welfare integrativo.
Il CCNL/Artigianato prevede già servizi di welfare?
Con l’accordo firmato a novembre 2016 tra le Confederazioni dell’artigianato e Cgil, Cisl e Uil per la riforma del modello contrattuale dell’artigianato abbiamo potenziato lo strumento e i compiti degli Enti bilaterali, rafforzando, tra l’altro, l’unico Fondo di solidarietà bilaterale a valenza universale riconosciuto con decreto del Governo per offrire efficaci soluzioni di welfare agli imprenditori e ai dipendenti in caso di temporanee situazioni di crisi.
Quanto secondo Lei, le nuove normative e gli sgravi fiscali sono stati utili per il vostro settore?
Gli sgravi fiscali – peraltro ancora insufficienti per la piena affermazione di strumenti importanti come la previdenza complementare e la sanità integrativa – non sono stati finora l’elemento decisivo che ha spinto il nostro welfare di matrice bilaterale. Le nuove norme di incentivazione fiscale del welfare sono ancora tutte da sperimentare, soprattutto con riferimento alla ridotta dimensione di impresa.
La mancanza di informazioni sulle novità delle normative è un ostacolo alla realizzazione di iniziative di welfare aziendale?
Certamente, anche se l’ostacolo maggiore, normalmente, è rappresentato dalla non sempre agevole applicazione di tali normative rispetto alle micro e piccole imprese.
In che modo, secondo Lei, il legislatore potrebbe rendere più fruibile l’offerta di welfare?
Noi da tempo sollecitiamo il rinnovamento di uno Stato sociale che sia ‘a misura’ delle esigenze dei cittadini e degli imprenditori.
C’è molto da cambiare in un welfare pubblico basato su un’offerta generica ed indifferenziata che non soddisfa più nessuno, genera sprechi e privilegi, produce disuguaglianze di trattamento tra categorie economiche e tra lavoratori e in cui ormai sono più i soggetti senza tutele rispetto alle categorie protette.
Il nuovo welfare deve partire dalla domanda reale di tutela, sicurezza, sanità, benessere dei cittadini. Che non significa soltanto previdenza, ma anche le nuove esigenze di assistenza agli anziani, di cura dei bambini, di conciliazione lavoro e famiglia per le donne, di recupero del disagio sociale, di migliore qualità della vita, di istruzione, formazione e aggiornamento professionale.
Le “reti territoriali” sono una soluzione per permettere anche alle piccole imprese di offrire servizi di welfare?
Tutto ciò che consente di mettere in rete le migliori esperienze e le energie è benvenuto. Il ruolo fondamentale in tal senso, tuttavia, lo possono svolgere soltanto le associazioni d’impresa radicate nell’intero territorio nazionale.
Quest’anno Confartigianato è tra i promotori del progetto Welfare Index PMI. Perché credete nel progetto e cosa può fare il welfare aziendale per il vostro settore?
Perché crediamo nel protagonismo della persona-imprenditore nella società, nelle scelte per migliorare la qualità della vita e per concorrere a creare condizioni di contesto più adatte alle esigenze dei piccoli imprenditori, delle loro famiglie e dei loro dipendenti. Perché abbiamo una consolidata esperienza di gestione della bilateralità nell’interesse dei nostri associati, dei loro collaboratori e delle famiglie. Perché stiamo per varare un progetto specifico in materia di welfare per la comunità delle persone e della famiglia del mondo della piccola impresa.