Welfare Index PMI ha proposto una definizione del welfare aziendale: il complesso delle iniziative attuabili dall’impresa, in forma sia unilaterale sia negoziale, con lo scopo di migliorare il benessere e la sicurezza sociale dei lavoratori e delle loro famiglie.
Nel precedente capitolo abbiamo esaminato le trasformazioni in corso, le quali determinano le sfide al benessere e alla sicurezza degli italiani e provocano l’emergere di un insieme molto vasto di bisogni sociali.
Si tratta di bisogni vecchi e nuovi. Alcuni da sempre considerati primari, come le pensioni e la sanità, che per tutto il secolo scorso sono stati al centro delle politiche di welfare sia pubblico che complementare. Altri non meno maturi, come i servizi per il sostegno alla maternità e la cura dei figli, ma che nel nostro paese non hanno mai ricevuto soluzioni adeguate e sono rimasti a carico esclusivo delle famiglie.
Altri ancora, come l’assistenza agli anziani, che solo recentemente si sono imposti all’attenzione generale a causa dell’invecchiamento della popolazione, dell’indebolimento delle capacità di cura delle famiglie e delle difficoltà di bilancio dei comuni che ne hanno limitato le capacità di fornire assistenza. E infine i nuovi bisogni che caratterizzano la nostra epoca, come l’integrazione sociale dei lavoratori immigrati.
Negli ultimi trent’anni le politiche di riforma del welfare si sono concentrate soprattutto su tre aree: le pensioni, la sanità, la tutela del lavoro. Il welfare non è mai stato solo questo, ma queste aree hanno avuto – e tutt’ora mantengono – un ruolo fondamentale per la sicurezza sociale del paese. A queste aree oggi si affianca una gamma vastissima di bisogni e richieste di soluzioni.
In questo carattere del welfare aziendale c’è un aspetto paradossale che non vogliamo rimuovere: proprio quando le risorse si fanno più scarse, mentre si cercano maggiori risorse da dedicare alla integrazione delle pensioni e dalla sanità, si aprono aree di iniziativa altrettanto urgenti a cui dedicare ulteriori risorse. È evidente che il problema è reale e non può ricevere una risposta universale. I bisogni si distribuiscono in modo differenziato nel territorio. E non ci riferiamo alle grandi aree geografiche ma ai microterritori, caratterizzati da attività produttive, condizioni economiche ed emergenze sociali molto diverse. Sono diversi anche i livelli di qualità del sistema sanitario e le capacità degli enti locali di erogare servizi di assistenza. In ogni area del paese ci confrontiamo con priorità diverse.
E diverse sono le aziende. Non solo per condizione economica e per risorse disponibili, ma anche per la composizione delle popolazioni aziendali. Ogni azienda si confronta con bisogni differenti secondo il numero dei collaboratori, l’età, le condizioni familiari, e condizioni di contesto come quelle che riguardano il mercato del lavoro, le distanze e i trasporti, le difficoltà di integrazione…
Sono quindi evidenti i motivi per cui il nuovo welfare assegna un ruolo centrale alle imprese.
➝ Anzitutto perché esse, e in particolar modo le PMI, hanno un rapporto diretto con i lavoratori e con le loro famiglie, ne conoscono e sono in grado di rilevarne i bisogni, e sono quindi capaci di definire piani di welfare centrati sulle esigenze riconosciute come prioritarie, evitando la dispersione e gli sprechi.
➝ Inoltre perché le imprese, e ancora una volta soprattutto le PMI per il loro numero e per la loro diffusione, hanno un rapporto diretto con il territorio. Ciò da un lato le mette in grado di riconoscere i bisogni delle comunità locali, dall’altro permette loro di promuovere alleanze con altri soggetti interessati:
• le imprese vicine, con le quali condividere i servizi per raggiungere la massa critica di utenza e ridurre l’incidenza dei costi;
• i fornitori di servizi, incluse le organizzazioni del terzo settore;
• le istituzioni pubbliche locali e le rappresentanze sociali.
Dunque il welfare aziendale è necessariamente un sistema flessibile perché richiede a ogni impresa di definire gli obiettivi e i contenuti delle proprie iniziative. Ma la flessibilità del welfare aziendale consiste anche nella possibilità per ogni lavoratore di scegliere i servizi di cui usufruire e il modo di farlo.
La normativa è stata disegnata con questo scopo, evitando rigidità vincolanti e prevedendo la possibilità di utilizzare strumenti di facilitazione per l’accesso ai servizi, quali i voucher elettronici o cartacei e le piattaforme online. Questa è una importante condizione di successo. Infatti la domanda di welfare aziendale si allargherà solo se i lavoratori potranno apprezzare il valore economico dei servizi ricevuti. Ciò sarà possibile se si tratterà di servizi considerati di prima necessità, sostitutivi di una componente non comprimibile di spesa familiare.