Il “perché” è che con l’erogazione dei servizi e delle prestazioni diversi dalla retribuzione in denaro si ottimizzano i costi aziendali applicando in modo attento le agevolazioni/flessibilità offerte dalla nuova normativa; si premia la produttività del lavoro sia collettivamente che individualmente; si garantisce ai dipendenti una maggiore soddisfazione, sia in termini di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro, sia in termini economici attraverso un più alto potere di acquisto rispetto al “netto” in busta paga.
Sul “come” è diventato ora più semplice individuare la modalità più rispondente alle esigenze del datore di lavoro grazie ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 28 del 15 giugno 2016. Un piano di Welfare Aziendale può essere volontario o negoziale.
A sua volta il piano di Welfare volontario può essere:
a) occasionale e/o frutto di una liberalità datoriale;
b) erogato tramite regolamento aziendale cioè mediante la stesura di un documento strutturato volontario e unilaterale da parte del datore di lavoro che lo impegna nei confronti dei dipendenti.
A sua volta il piano di Welfare negoziale può essere:
c) frutto di accordo sindacale aziendale (obbligatorio), se il welfare aziendale è abbinato al premio di risultato o di produttività;
d) frutto di accordo sindacale aziendale (facoltativo) se l’obbligazione del datore di lavoro ha ad oggetto, sin dal suo nascere, l’erogazione di beni e servizi e può essere adempiuta solo con tale modalità.
La scelta da parte del datore di lavoro di quale modalità attivare dipende:
– dalla composizione e dai fabbisogni manifestati da parte dei dipendenti, al fine di individuare i servizi/prestazioni da inserire nel piano;
– dai riflessi retributivi, fiscali e contributivi che i servizi/prestazioni scelti possono generare;
– dal grado di coinvolgimento dei dipendenti e delle loro rappresentanze sindacali nella scelta dei benefit;
– dal budget dei costi complessivi sostenibili dal datore di lavoro e dalla relativa assegnazione ai dipendenti (per categoria omogenea o singolo dipendente).
La politica di welfare aziendale oltre ad essere collettiva e quindi certamente premiante dal punto di vista fiscale, può anche essere rivolta al singolo dipendente per scelta del datore di lavoro.
In quest’ultima ipotesi, i vantaggi fiscali sono limitati solo ad alcune fattispecie di benefit, ad esempio i PIP, oppure i beni e servizi generici sino a € 258,23 o ancora i prestiti – ivi incluso il rimborso degli interessi del mutuo contratto dal dipendente – nonché i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato.
Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP