Sì ai Piani Welfare a carattere premiale e incentivante, anche a livello individuale, senza rinunciare ai benefici fiscali. Così si è espressa la Direzione Regionale Lombardia dell’Agenzia delle Entrate rispondendo ad un interpello (il n. 904-791/2017 dello scorso 28 luglio) presentato da una società di formazione e servizi al lavoro che ha chiesto se la struttura del proprio Piano Welfare, di durata biennale, non contrasta con le finalità agevolative dei commi 2 e 3 dell’art. 51 del TUIR.
L’istante ha infatti spiegato che, alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità del 2016 e dalla Legge di Bilancio 2017, nonché dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 28 del 15 giugno 2016 dell’Agenzia delle Entrate, ha deciso di varare un Piano Welfare a carattere premiale e incentivante, rivolto a tutti i dipendenti, mediante il ricorso e la messa a loro disposizione di una specifica piattaforma web personalizzabile, che consente a tutti i dipendenti indistintamente la fruizione integrata e flessibile del basket di servizi previsti dal Piano stesso secondo le proprie necessità ed esigenze.
Il Piano prevede l’assegnazione di un budget di spesa “figurativo” (“credito Welfare”) nella misura di euro 1.500,00 annui uguale, in partenza, per ciascun dipendente. Il budget di spesa è totalmente a carico della società e non rimborsabile. Ciò posto, per il primo anno di vigenza del Piano, la società istante ritiene di assegnare a ciascun dipendente il 100% del credito Welfare di euro 1.500,00 annui al raggiungimento del 100% di un determinato obiettivo individuale, proporzionalmente ridotto in caso di raggiungimento di un risultato individuale inferiore.
Per il secondo anno di vigenza del Piano, invece, la società istante intende assegnare a ciascun dipendente il 100% del credito Welfare di euro 1.500,00 annui al raggiungimento del 100% di un determinato obiettivo aziendale. In mancanza, entro uno scarto massimo al ribasso del 10%, il credito Welfare di ciascuno è rapportato ad una percentuale della RAL individuale (3%).
L’Agenzia delle Entrate accoglie la tesi dell’istante in quanto la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente è subordinata all’unica condizione che i beni e servizi siano offerti alla generalità o a categorie di dipendenti e non anche al vincolo dell’assegnazione del medesimo budget “figurativo” di spesa ad ogni dipendente.
Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP