La legge di conversione del decreto “Anticipi” (DL n. 145/2013), pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 dicembre, introduce una importante novità nei criteri di calcolo del fringe benefit relativo ai prestiti concessi ai dipendenti.
A ben vedere si tratta di una misura di welfare aziendale volta a far accedere i lavoratori dipendenti a linee di finanziamento a condizioni agevolate. Sul piano tributario tale fattispecie è disciplinata dall’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR, che ne prevede un trattamento di moderato favore, nell’ambito del principio generale di onnicomprensività (costituiscono reddito di lavoro dipendente le somme e i valori a qualunque titolo percepite in relazione al rapporto di lavoro).
Prima dell’intervento del legislatore il fringe benefit veniva individuato nel 50% della differenza tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR (tasso ufficiale di riferimento fissato dalla BCE) vigente al termine di ogni anno e l’importo degli interessi computati applicando il tasso effettivo del finanziamento, senza distinguere tra rapporti a saggio fisso e variabile.
In un contesto di forte crescita dei tassi, il suddetto meccanismo avrebbe penalizzato i dipendenti che avevano contratto prestiti a tasso fisso, incrementando – a parità di condizioni – il valore del benefit da sottoporre a tassazione Irpef.
Ad esempio, infatti, un prestito con tasso fisso del 1% e quota capitale pari a 100.000 euro, avrebbe prodotto:
– con un TUR di fine anno pari al 1% un fringe benefit pari a zero;
– con un TUR di fine anno pari al 4,5% un fringe benefit di 1.750 euro, ovvero: 50% x (4.500 -1.000).
La nuova regolamentazione della fattispecie, quindi, nasce proprio con l’intento di impedire che la dinamica di forte crescita dei tassi che ha caratterizzato gli ultimi mesi penalizzasse eccessivamente i contribuenti che avevano in essere tali rapporti di finanziamento.
Il comma 3-bis dell’articolo 3 del DL 145/2023, infatti, provvede a cambiare il criterio di computo del fringe benefit, individuando tale valore nel 50% della differenza:
– tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR vigente alla data di scadenza di ciascuna rata e il valore degli interessi calcolati applicando il tasso effettivo del finanziamento per i prestiti a tasso variabile;
– tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR vigente alla data di concessione del prestito e il valore degli interessi calcolati applicando il tasso effettivo del finanziamento per i prestiti a tasso fisso.
Il successivo comma 3-ter dello stesso articolo precisa, infine, che i nuovi criteri si applicano “a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, quindi con riferimento a tutto l’anno 2023.
Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI