Nel rapporto 2016 definimmo il welfare aziendale nelle PMI un movimento giovane e in piena evoluzione. Oggi confermiamo quella definizione, rilevando che l’evoluzione procede in modo non omogeneo: molto più rapido in alcuni segmenti di aziende e in alcune aree del welfare, necessariamente più lento nella grande massa delle piccole e medie imprese e sul ventaglio generale delle iniziative.
La nostra indagine ha esaminato più di cento tipi di iniziative intraprese dalle aziende. Queste sono state raggruppate nelle 12 aree del welfare aziendale.
La figura 22 ci permette di individuare il tasso di iniziativa nelle aree del welfare aziendale, ovvero la quota percentuale di imprese che attuano almeno una iniziativa per area.
Al primo posto, con un tasso del 46,3%, le polizze assicurative per il personale, diverse dalle assicurazioni previdenziali e sanitarie; tuttavia, se escludiamo le polizze infortuni che in molti casi sono obbligatorie, il tasso di iniziativa nelle assicurazioni scende al 17,1%. In altre cinque aree l’iniziativa delle imprese è molto elevata, pari o superiore al 33%.
Si tratta del sostegno economico ai lavoratori, della sicurezza e prevenzione degli incidenti (con iniziative aziendali aggiuntive a quelle obbligatorie), della formazione del personale (anche in questo caso con iniziative aggiuntive a quelle obbligatorie), della conciliazione vita-lavoro (con iniziative prevalentemente di flessibilità degli orari).
La sanità integrativa fa parte di questo gruppo: il 34,8% delle imprese ha attuato iniziative, prevalentemente aderendo ai fondi istituiti dai CCNL (ricordiamo che in alcune categorie l’adesione non è obbligatoria). Se limitiamo l’ambito della sanità integrativa alle sole iniziative aziendali, queste sono attuate da un numero minore di imprese: l’8,2%.
Le iniziative aziendali di previdenza integrativa sono attuate dal 23,4% delle imprese.
Seguono aree con tassi di iniziativa meno elevati: il welfare allargato al territorio (17,3%), il sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale (7,7%), i servizi di assistenza per i lavoratori e le loro famiglie (6,7%), le iniziative per la cultura, la ricreazione e il tempo libero (5,8%), il sostegno all’istruzione dei familiari (2,7%).
Per alcune aree il 2016 ha segnato una decisa accelerazione delle attività di welfare delle PMI.
La figura 23 analizza la variazione dei tassi di iniziativa negli ultimi due anni. Questa comparazione è analizzata a perimetro omogeneo, comparando classi di imprese su cui sono state fatte le rilevazioni in entrambi gli anni: le imprese dei settori e delle classi dimensionali non rilevate nel 2016 sono state escluse anche dai dati 2017. Per questo motivo i dati 2017 di questa tabella sono diversi dai dati delle altre aree di analisi.
Le aree con maggiore incremento del tasso di iniziativa sono la sanità integrativa, dal 39% nel 2016 al 47% nel 2017; la conciliazione vita-lavoro, dal 22% al 31%; il welfare allargato al territorio, dal 15% al 23%. In altre due aree la crescita procede pur se meno rapidamente: i servizi di assistenza, dal 5% all’8%; la cultura, ricreazione e tempo libero, dal 3% al 5%. Nelle altre aree non si registrano significative variazioni. La sanità integrativa cresce perché incontra una forte domanda dei lavoratori. Le altre aree in crescita sono quelle caratterizzate da bisogni sociali emergenti e scarsità dell’offerta di servizi.
Questo movimento è confermato dall’analisi in profondità che abbiamo effettuato sulle 109 imprese best practice. Per esse il 2016 è stato un anno di accelerazione: 39 hanno intrapreso nuove iniziative in almeno una delle 12 aree del welfare aziendale.
Le aree in cui abbiamo rilevato una maggiore frequenza di nuove iniziative sono:
• il sostegno economico (13 casi su 109), con iniziative come l’anticipo del TFR anche oltre gli obblighi di legge, prestiti aziendali, premi di risultato trasformati in servizi di welfare tramite piattaforma;
• la sanità integrativa (9 casi), con la sottoscrizione di nuove polizze, l’incremento di coperture su polizze già esistenti, la stipula di convenzioni con studi medici;
• la conciliazione vita-lavoro (9 casi), con iniziative di smart working con telelavoro e concessione di flessibilità oraria aggiuntiva;
• la formazione avanzata ai dipendenti (9 casi);
• nuove iniziative per la sicurezza e la prevenzione degli incidenti oltre quelle obbligatorie (9 casi).
Le imprese con un livello più elevato di welfare aziendale hanno intrapreso anche altre nuove iniziative nelle aree del welfare allargato al territorio, delle assicurazioni per i lavoratori, dei servizi di assistenza, delle iniziative culturali e per il tempo libero.
Il livello di welfare delle imprese è stato misurato utilizzando diversi criteri. Il primo di questi è l’ampiezza delle iniziative di welfare attuate: in quante aree l’impresa è attiva con almeno una iniziativa.
La figura 24 illustra la distribuzione delle PMI per ampiezza delle iniziative:
• 68,7% sono le imprese nella fase iniziale di sviluppo del welfare aziendale, con iniziative limitate a non più di tre aree;
• 31,3% sono le imprese attive, cioè quelle che attuano iniziative in non meno di quattro aree del welfare aziendale;
• una parte di esse, 12,6%, sono le imprese molto attive, quelle che attuano iniziative in almeno 6 aree del welfare aziendale.
Osserviamo ora la variazione negli ultimi due anni dell’ampiezza delle iniziative di welfare. Nuovamente si tratta di una comparazione a perimetro omogeneo, cioè escludendo dall’analisi i settori e le classi dimensionali rilevati nell’indagine 2017 ma non in quella dell’anno precedente. Per questo motivo i dati 2017 della figura 25 sono diversi da quelli della figura 24. Il risultato è molto interessante: non ci sono significative variazioni nel rapporto tra le imprese in fase iniziale (59% nel 2016, 58% nel 2017) e le imprese attive (41% nel 2016, 42% nel 2017); invece, nell’ambito delle attive, è raddoppiata la quota delle imprese molto attive: dal 9,8% al 18,3%.
Siamo di fronte ad una delle acquisizioni più significative della nostra ricerca, le cui ragioni verranno approfondite nei prossimi capitoli. Il movimento del welfare aziendale cresce ma con velocità molto diverse: la crescita è determinata principalmente dall’incremento di iniziativa delle imprese più attive.
Le imprese dotate di una vera policy di welfare aziendale, che già attuano iniziative in numerose aree, estendono ulteriormente la gamma di prestazioni. A dire il vero crescono anche le imprese della fascia media, ma molto lentamente: come abbiamo visto, il rapporto tra imprese discretamente attive e imprese poco attive si sposta, ma di un solo punto percentuale in un anno.
Le iniziative di welfare aziendale si distribuiscono in modo molto differenziato per settori produttivi.
Le imprese dell’industria presentano tassi di iniziativa molto elevati nella maggior parte delle aree.
Le imprese del commercio e dei servizi sono più attive in aree come la sanità integrativa, le polizze assicurative, il sostegno economico ai lavoratori.
Gli studi e servizi professionali investono in aree di welfare specifiche per la propria attività e per le caratteristiche organizzative degli studi, e in queste aree raggiungono livelli di iniziativa molto elevati: la formazione dei dipendenti, la sicurezza e prevenzione degli incidenti, la conciliazione vita-lavoro.
Nell’artigianato la dimensione molto piccola delle imprese non favorisce la diffusione delle iniziative in tutte le aree del welfare aziendale. Questo settore si caratterizza per elevati tassi di iniziativa nelle assicurazioni per i dipendenti e nella sicurezza e prevenzione degli incidenti.
L’agricoltura raggiunge tassi di iniziativa molto elevati particolarmente nel sostegno economico, nella formazione, nella conciliazione vita-lavoro, nella sicurezza e prevenzione.
Il terzo settore ha un posizionamento peculiare nel welfare aziendale. Molte organizzazioni che ne fanno parte si propongono scopi sociali coincidenti con gli obiettivi del welfare, e molte offrono al mercato servizi di welfare aziendale. Le imprese del terzo settore raggiungono livelli di iniziativa molto elevati nelle aree della conciliazione vita-lavoro, del welfare allargato al territorio e alla comunità, della formazione, della sanità integrativa, sicurezza e prevenzione degli incidenti, della cultura, ricreazione e tempo libero.
La distribuzione nel territorio delle iniziative di welfare aziendale è alquanto omogenea. Non registriamo significative differenze per area geografica tranne che in due aree del welfare aziendale: la previdenza integrativa e la sicurezza e prevenzione degli incidenti, nelle quali i tassi di iniziativa delle PMI del Nord sono di dieci punti superiori a quelli del Sud.
La dimensione delle imprese è il fattore più di ogni altro correlato al tasso di iniziativa. La correlazione è senza eccezioni, in tutte le aree del welfare aziendale, ma è particolarmente evidente nelle aree della sanità integrativa, della previdenza integrativa, del sostegno economico ai lavoratori.
Esaminiamo, nella tavola n. 30, la stratificazione delle imprese per ampiezza delle iniziative di welfare e per classi dimensionali. Le imprese con la maggiore ampiezza di iniziative, da 6 a 12 aree del welfare aziendale, sono il 6,8% nelle imprese con meno di 10 addetti, il 16,2% in quelle tra 10 e 50 addetti, il 24,6% nelle imprese tra 51 e 100 addetti, il 44,7% nelle imprese tra 101 e 250 addetti.
Ciò significa che le PMI si confrontano con il problema della massa critica: come raggiungere la dimensione minima di popolazione aziendale per accedere in modo efficiente ai servizi di welfare. Non si tratta solamente di una questione di risorse finanziarie e organizzative. È anche una questione di informazioni disponibili e di competenze. La dimensione di 50 addetti è frequentemente quella al di sopra della quale le imprese organizzano una struttura di management e possono contare per la gestione del personale su figure professionali dedicate.
In realtà le iniziative di welfare aziendale non sono precluse alle piccole imprese. Nel gruppo delle 109 best practice oggetto di indagine in profondità, il 46% sono imprese con meno di 50 lavoratori. Di queste, 16% sono microimprese con meno di 10 addetti e 30% piccole imprese da 10 a 50 addetti. Dunque la ricerca Welfare Index PMI ha rilevato numerose esperienze di welfare aziendale attuate con successo da imprese piccole e molto piccole. La questione per esse è come uscire dall’isolamento, raggiungere la massa critica attraverso le alleanze, acquisire informazioni e competenze utilizzando supporti associativi e servizi esterni.
Per consultare l’estratto del Rapporto 2017 di Welfare Index PMI clicca qui.